29 gennaio 1944, la pesante sconfitta americana e la distruzione di Cisterna di Latina
[ACCADDE OGGI]
–Al pellegrino che domanderà della nostra vita, non dite: “Per pietà!”. Non parlate dei vostri figli raminghi e dispersi che attendono ancora per darvi il bacio del ritorno, non dite: “Qui fu Cisterna” ma forte gridate: “Qui risorgerà Cisterna!“-. Fu questa fu l’invocazione del francescano Padre Eugenio Caldarazzo da Montefusco dinanzi alla distruzione della città di Cisterna di Latina per i pesanti bombardamenti subiti ad opera degli alleati sconfitti nello scontro con le truppe tedesche poste a difesa della linea Gustav.
Gli americani lasciarono sui campi di Cisterna ben 755 uomini sui 767 Rangers del 1 e 2 Battaglione comandati dal Colonnello William Darby che il 29 gennaio 1944 si erano lanciati all’attacco della 715ª Divisione Corazzata “Hermann Goering”. Si trattava degli stessi uomini che baldanzosamente erano sbarcati ad Anzio per andare alla conquista di Roma nella convinzione di fare una passeggiata così come era accaduto in Sicilia. Ma così non fu, non ci fu la rapida conquista della capitale e si trovarono inghiottiti nelle ex paludi dell’Agro Pontino proprio lì a Cisterna la città capofila della bonifica.
Oggi quegli uomini riposano nel cimitero americano di Nettuno al fianco delle altre tombe dei loro alleati inglesi e francesi. Ma lo scotto maggiore di quei tragici scontri lo pagò la gente dell’Agro e soprattutto la città di Cisterna che fu sottoposta a pesanti bombardamenti con la popolazione che in preda al panico trovò rifugio nelle grotte sotterranee di Palazzo Caetani o nella cripta dell’ex convento di Sant’Antonio Abate, o nelle cantine o nelle campagne. Poi arrivò l’ordine di sgombero dell’abitato da parte dei tedeschi e iniziò il cosiddetto “esodo cisternese”.
Al rientro non trovarono più le loro case ma solo un cumulo di rovine: Cisterna era rasa al suolo con quasi il 96% degli edifici distrutti. “Qui fu Cisterna… Qui risorgerà Cisterna!”, ma con quale prezzo e al costo di quali sacrifici; e non per riavere la loro città distrutta ma per vedere la costruzione di un’altra Cisterna risorta nel pieno di un caos edilizio che insediò nuovi quartieri del tutto estranei alla vocazione di quel territorio, quartieri che i cisternesi nel loro dialetto chiameranno Sciangai.
Franco Seccia/com.unica, 29 gennaio 2020