Coronavirus: salgono a quasi 15 mila i contagiati, picco ancora lontano
La situazione negli altri paesi, fa discutere la strategia di Boris Johnson che punta sull’immunità di gregge
Con quasi 15 mila malati, l’Italia è il Paese con più contagiati da Covid-19 attivi al mondo. Per l’esattezza 14.955 persone contagiate, 250 morti, 181 guariti. Questi i dati sul coronavirus in Italia fornito dal capo della protezione civile Angelo Borrelli nella conferenza stampa di ieri pomeriggio, affiancato dal presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro. Il numero dei contagiati è aumentato di 2116 persone in un giorno, 836 di questi solo in Lombardia, che al momento ha 7732 malati di coronavirus. Nella stessa regione, ieri sono morte 146 persone. Il totale dei guariti sale a 1439. Numeri che salgono, dunque, e che saliranno ancora in vista del “picco” dei contagi che ancora non c’è stato.
Dal punto di vista epidemiologico, Brusaferro ha confermato che dai dati che stanno approfondendo, emerge che i deceduti positivi al virus hanno oltre 80 anni e che sono prevalentemente maschi (le donne sono solo il 25,8%). Le fasce più colpite sono quelle dai 70 anni in su, con un picco tra gli 80 e gli 89 anni. La letalità, cioè “il numero dei morti tra gli ammalati”, è più elevata per gli ultra 80enni. Inoltre, la maggioranza di queste persone era portatrice di più patologie croniche; “solo 2 persone, al momento, risultano prive di ulteriori patologie, ma le loro cartelle sono ancora da analizzare nel dettaglio”, ha precisato Brusaferro. I sintomi più frequenti riscontrati nei deceduti erano dispnea e febbre. Sotto analisi anche le cartelle delle due uniche pazienti morte under 40, due donne di 39 anni: una morta in ospedale con una patologia neoplastica; l’altra morta a casa, con diabete e obesità e altri disturbi. Rilanciato l’appello a donare il sangue e a seguire le regole in modo “rigorosissimo se si è positivi asintomatici”.
Sull’ipotesi avanzata da Ricciardi (Oms) circa l’ormai prossima diffusione del virus al Sud, Brusaferro ha detto di considerare “verosimile” un aumento nei numeri “questo fine settimana”; aumento “legato in parte ad alcuni comportamenti degli scorsi week end. La durata media dell’incubazione è tra 4 e 7 giorni e le immagini che avete riportato di folle al mare, a sciare, in piazza o nei mega aperitivi” fa pensare che “una parte di queste persone avrà sintomi e potrà risultare positiva. Diamo atto del fatto che da qualche giorno gli italiani hanno capito” che devono evitare assembramenti. “Vedremo le curve, è un’ipotesi. Speriamo di essere smentiti dai fatti”. Nel frattempo, anche per ovviare alle carenze del sistema sanitario nelle regioni soprattutto del sud, Borrelli ha confermato che si è a lavoro da tempo per “potenziare le terapie intensive e sub intensive”.
Ad un collega spagnolo che gli ha chiesto come si collabora con le protezioni civili degli altri paesi – oggi la Spagna ha dichiarato lo stato di emergenza (ndr) – Borrelli ha ricordato che i contatti si hanno attraverso il meccanismo europeo di protezione civile che, però, questa volta non ha funzionato a dovere: “in occasione di altre calamità c’è stata maggiore collaborazione ed è stato più incisivo rispetto ad oggi”, si è limitato a dire Borrelli.
Da ringraziare, invece, la Croce rossa e il governo cinese per l’invio di medici e materiali, atterrati ieri a Roma. “Ci troviamo di fronte ad una crisi globale, nessun paese può considerarsi esente”, ha detto Brusaferro. “L’unico modo di affrontarla è condividere esperienze e buone pratiche. La presenza dei colleghi cinesi è una grande opportunità per acquisire informazioni e confrontarci sulle evidenze disponibili. Grazie ai colleghi venuti in Italia!”. Citata la sperimentazione di Napoli su cui Aifa sta dando autorizzazione, Brusaferro non si è sbilanciato su quando l’Italia avrà il suo picco di contagiati: “i modelli con cui lavoriamo sono di proiezione e tengono conto di diversi fattori, il più importante è il fattore R0 che indica quanto ogni positivo infetta altri. Il secondo valore è il tempo medio che intercorre tra la contrazione dell’infezione e la manifestazione dei sintomi. Cambiando i valori di questi dati si possono avere picchi a diverse settimane”. Ora, “la nostra scommessa, la nostra strategia è di abbassare il più possibile il valore R0 per evitare i picchi”, con l’obiettivo principale di evitare la crisi del sistema ospedaliero. “Se il picco rimane più basso ma “spalmato” più a lungo, si garantisce una migliore assistenza a tutti”. Ma, ha concluso, “scenari di questo tipo sono molto influenzati dalla nostra capacità di obbedire alle raccomandazioni che abbiamo dato”.
La situazione negli altri paesi. Secondo l’Oms, l’epicentro della pandemia non è più l’Asia ma l’Europa. Scuole chiuse in molti länder della Germania e in Svizzera; zone rosse in Austria. In Francia chiudono il Louvre e la Tour Eiffel, mentre presidente francese Emmanuel Macron non esclude una sospensione dell’area Schengen. In Spagna il governo dichiara oggi l’allerta generale, le infezioni sono 4300. Danimarca e Polonia chiudono le frontiere agli stranieri. Decisione analoga per la Repubblica Ceca e l’Ucraina. La commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson invoca “misure coordinate”. “Capisco perfettamente l’Italia perché si trova in una situazione eccezionale”, ma l’Ue deve “affrontare” l’epidemia “in modo europeo e dimostrare che è una comunità, come politici abbiamo la responsabilità di prendere le decisioni giuste”, ha detto il ministro degli Interni lussemburghese, Jean Asselborn, entrando alla riunione con i suoi omologhi europei a Bruxelles.
Ma la posizione che ha fatto più scalpore è quella del Regno Unito, dove non è stato adottato alcun provvedimento di emergenza e dove il governo di Boris Johnson punta sull’immunità di gregge. “Molti di noi perderanno i propri cari”, è arrivato a dire detto il Primo ministro. La linea del governo quindi è quella di permettere che l’epidemia segua il suo corso, cercando di rallentarla e “spalmare” il picco dei casi. La speranza (ma sarebbe meglio parlare di azzardo in casi come questo) è quella di arrivare all’immunità entro il mese di luglio. Nel Paese si registrano 600 casi di contagio da coronavirus (10 i morti finora) ma il numero reale dovrebbe essere molto maggiore. Se la metà dei 66 milioni di abitanti del Regno Unito contraesse la malattia, che al momento, secondo l’OMS, causa la morte del 3,4 per cento degli infetti, i morti potrebbero essere nell’ordine delle centinaia di migliaia. La decisione del coverno, sostenuta dai consulenti medici, è stata invece oggetto di critiche molto dure da parte di una larga parte della comunità scientifica. Richard Horton, direttore della prestigiosa rivista medica The Lancet, ha suggerito al governo di adottare una strategia più simile a quella italiana. John Ahston, professore di salute pubblica all’università di Liverpool e per quasi 20 anni uno dei principali dirigenti della sanità britannica, ha definito le decisioni del governo “patetiche” (Il Post).
com.unica, 14 marzo 2020