Un virus democratico
Si può dire di tutto sul Covid-19, ma non che non sia democratico. Attacca ricchi e poveri, persone di ogni colore, religione o schieramento politico; di ogni età o sesso. Non era così con l’AIDS, con l’ebola o altri agenti patogeni, specifici di luoghi, orientamenti, scelte.
Aspettando il proprio turno davanti ad un supermercato – ognuno ad almeno un metro e qualcosa dall’altro – ci si guarda tutti con certa repulsione ed allontanamento, per pura paura sintomatica. L’altro sono io e lo è chiunque, parenti ed amici inclusi. La guerra che stiamo combattendo tutti, in modo particolare noi italiani nel vecchio continente, è contro un nemico gratuito ed invisibile, pronto ad attaccarci in ogni luogo.
Riusciremo ad allontanarci dal consueto egoismo cui la società contemporanea ci ha condotti? Capiremo che far parte della stessa unica razza, quella umana, dovrebbe significare l’aiutare gli altri per aiutare se stessi?
Il pensiero corre verso chi sin dall’inizio di questa lunga pandemia si è protratto nell’aiuto verso il prossimo: dottori, infermieri, volontari, forze dell’ordine, addetti alle vendite nei supermercati, ecc.
Il mondo si è diviso tra loro e noi. Loro devono fare in fretta per salvarci, assieme agli scienziati pressati nella ricerca di un vaccino, mentre il nostro di tempo ha perso quella velocità da noi stessa creata con il passare sopra le cose, perché riguardavano soltanto “l’altro”. Si vocifera che in Israele stiano per mettere a punto un adeguato antidoto a questa “peste del terzo millennio”. Voci malefiche dicono “se la terranno per loro o la venderanno a caro prezzo”, ma lì conoscono bene il Talmud che dice “Chi salva una vita, salva il mondo intero”.
Nel nostro “tempo rallentato” abbiamo ritrovato la forza del pensiero, qualche buon libro, lo scambiare lunghe telefonate. Sono stati ripristinati anche i numeri di casa, per chiamare ed essere sicuri di trovare il destinatario della chiamata. “Ne ero certo che ti avrei trovato” può esser detto all’amico interpellato presso la sua abitazione.
Inermi, restiamo qui con la certezza di affrontare ognuno il proprio destino. I pensieri ripercorrono la storia anche recente, ritrovando immagini di chi non ebbe la fortuna di poter aspettare l’aiuto di qualcuno.
Il mondo attorno è diventato silenzioso, si sentono i cinguettii dei passerotti, si ammira tutto sommato una città rintanata, con le strade deserte. Oggi c’è un bel sole e possiamo pensare a Ferragosto, sebbene a metà estate vi siano più persone in giro.
Auguriamoci che tutto finisca bene ed in fretta. Intanto mi preparo per incontrare vecchi amici da ogni parte del mondo: ho un pigiama-party su skype.
Alan Davìd Baumann, com.unica 16 marzo 2020
*Nell’immagine in alto il dipinto “La morte e la fanciulla” di Egon Schiele (2015)