Mentre la pandemia sta già colpendo nei più gravi contesti di emergenza come LesboGazaSiriaBangladesh Sud Sudan, nei campi profughi dove vivono ammassati milioni di sfollati sarà quasi impossibile contenere la diffusione del Coronavirus. È l’allarme lanciato da Oxfam di fronte ad una situazione che vede in media in molti campi oltre 250 persone costrette a condividere 1 sola fonte d’acqua pulita, con meno di 3 metri e mezzo quadrati di spazio vitale a testa.

“Nelle prossime settimane e mesi il virus potrebbe avere un impatto catastrofico nei Paesi già devastati da conflitti, epidemie e malnutrizione in molte zone del pianeta”, ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. “Contesti dove decine milioni di persone sono costrette a sopravvivere senza acqua pulita o strutture sanitarie. La situazione più grave è nei campi profughi che semplicemente non sono stati concepiti per fronteggiare una pandemia di questa portata. In diversi casi non sono rispettati nemmeno i criteri minimi concordati con le organizzazioni umanitarie per la fornitura idrica e lo spazio fisico che dovrebbe essere garantito ad ogni persona per poter condurre una vita dignitosa”.

Basti pensare al tentacolare campo profughi di Cox’s Bazar in Bangladesh, dove vivono ammassati 40mila profughi Rohingya per chilometro quadrato. Un contesto dove malnutrizione e malattie come colera, dissenteria e tifo sono già una minaccia concreta per i rifugiati che vivono qui, senza quasi nessun servizio sanitario di base. Una situazione non meno grave è quella a cui sono costretti 20mila sfollati nell’inferno del campo di “Moria” a Lesbo, con servizi igienico sanitari praticamente inesistenti in una struttura concepita per accogliere non più di 3mila persone: 1 bagno sporco ogni 160 persone, 1 doccia ogni 500, 1 fonte d’acqua ogni 325. Nel campo praticamente non c’è sapone per lavarsi nemmeno le mani e 15 o 20 persone sono costrette a vivere ammassate insieme in singoli container o in alloggi di fortuna.

“Oggi è più che mai fondamentale garantire a tantissime persone già costrette a lasciarsi tutto alle spalle per fuggire da guerre e persecuzioni, la possibilità di sopravvivere a questa pandemia”, ha aggiunto Pezzati. “L’OMS, i nostri Governi, ci raccomandano ogni giorno di mantenere almeno 1 metro di distanza l’uno dall’altro, di lavarci spesso le mani, di contattare il nostro medico al primo manifestarsi di sintomi compatibili con il contagio da Covid19, di restare al sicuro nelle nostre case. Ma nel mondo milioni di persone non hanno più una casa a cui tornare. Il bilancio delle vittime a livello globale continua a crescere e l’epidemia ha già colpito oltre 1 milione di persone in più di 180 paesi. Ebbene questa sarà solo la punta dell’iceberg, se non interverremo subito per sostenere le comunità più vulnerabili”.

“Molti Paesi adesso sono comprensibilmente concentrati nel contenere il contagio tra la propria popolazione”, ha osservato Pezzati, “ma allo stesso tempo è cruciale stanziare tutte le risorse necessarie per sostenere la risposta alla pandemia nei Paesi più fragili, sostenendo lo sforzo delle organizzazioni umanitarie che come Oxfam sono al lavoro sul campo. In un mondo globalizzato, dobbiamo renderci conto che nessuno è al sicuro se non lo siamo tutti. Milioni di persone in paesi dell’Africa centrale, meridionale e orientale non hanno cibo a sufficienza e sono inimmaginabili per loro le conseguenze dell’epidemia, per la mancanza di mezzi e condizioni utili a contrastarla. L’epidemia qui vuol dire ulteriore insicurezza alimentare, perdita del lavoro, mancanza assoluta di mezzi di sussistenza”.

Oxfam è già operativa sul campo con i suoi partner per aumentare il numero di punti di raccolta di acqua e bagni nei campi profughi; attraverso il coinvolgimento delle comunità sta promuovendo campagne di informazione per prevenire la diffusione del virus. Oltre che nei campi profughi, Oxfam lavora in altri contesti dove il contrasto al corona virus appare impossibile: a Gaza dove si registrano i primi 10 casi di infezione, la densità della popolazione è di 5.000 persone per chilometro quadrato, con soli 70 posti di terapia intensiva per 2 milioni di abitanti. In Yemen funziona solo il 50% delle strutture sanitarie in cronica carenza di medicine e personale con più di metà della popolazione – 17 milioni – che non ha accesso all’acqua pulita. I fondi per gli interventi umanitari in Paesi come Yemen e Siria erano già drammaticamente insufficienti e oggi è necessario reperire risorse per contrastare la pandemia: le Nazioni Unite hanno lanciato un appello di 2 miliardi di dollari per finanziare un piano di risposta globale al corona virus nei paesi più vulnerabili. Oxfam sostiene l’appello dell’ONU per un immediato cessate il fuoco in tutti i paesi in cui sono in corso conflitti.

Inoltre, Oxfam chiede ai leader del G20 di intervenire con un piano di azione globale in grado di rispondere all’emergenza Covid19, garantendo l’accesso gratuito alle cure sanitarie per tutti, anche nei Paesi più poveri e vulnerabili. Per questo ha lanciato la petizione #NONSEISOLO, con cui ciascuno può far sentire la propria voce firmando qui.

La risposta di Oxfam
Insieme ai propri partner locali e con particolare attenzione alle donne che svolgono gran parte del lavoro di cura e sono quindi più esposte al contagio, Oxfam sta intervenendo:
* in aiuto di 118.000 profughi Rohingya nei campi di Cox’s Bazar in Bangladesh e di Rakhine in Myanmar, mediante distribuzione di acqua pulita, sapone e kit igienico-sanitari e attraverso la promozione di buone pratiche igieniche. Sostiene 5.000 famiglie vulnerabili che vivono nelle vicinanze del campo di Cox’s Bazar ancora con acqua pulita e beni igienico-sanitari;
* al fianco dei 76.000 rifugiati siriani nel campo di Za’atari in Giordania mediante campagne di prevenzione e nei campi informali del Libano con distribuzione di sapone;
* in Iraq, con la ristrutturazione di un ospedale per una comunità di 50.000 persone;
* in Burkina Faso per rimettere in funzione o costruire 107 punti di raccolta acqua in aiuto di coloro che stanno fuggendo da scontri e violenze;
* nel nord dell’Uganda nei campi profughi, mediante campagne di prevenzione;
* in Yemen, mediante la formazione di volontari che diffonderanno buone pratiche igienico-sanitarie tra le comunità colpite dalla guerra.

Nel complesso Oxfam sta mettendo in campo un Piano di risposta da 100 milioni di euro, con l’obiettivo di soccorrere 14 milioni di persone nelle comunità più vulnerabili di 50 Paesi.

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