Conte illustra la fase 2 ma non dice nulla su tamponi, test sierologici e tracciamento
Il decreto per la fase 2 del coronavirus è stato firmato ieri dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che lo ha illustrato in diretta televisiva: a partire dal 4 maggio ripartiranno gran parte delle attività industriali, costruzioni e commercio all’ingrosso. In sintesi sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, “ovvero – si legge – per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento e vengano utilizzate le mascherine; in ogni caso, è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in una regione diversa rispetto a quella in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; è in ogni caso consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
Il decreto prevede anche le mascherine obbligatorie solo negli ambienti chiusi. Negozi, musei e mostre riaprono il 18 maggio. Sì ai funerali fino a un massimo di 15 persone, ma no alle messe: i vescovi protestano. Dal 1° giugno anche bar, ristoranti e centri estetici. Per quanto riguarda i mezzi pubblici le mascherine saranno obbligatorie su tutti i mezzi pubblici. Potranno essere di stoffa e non saranno una misura sostitutiva al distanziamento sociale, che è destinato a diventare la parola d’ordine soprattutto per chi dovrà spostarsi con bus, metro, treni, aerei o traghetti. Lo prevedono le linee guida sui trasporti messe a punto dalla ministra Paola De Micheli, che sono pronte per essere allegate al dpcm sulla Fase 2.
Nel decreto non prende però in considerazione alcuni temi che sono stati centrali nel dibattito politico degli ultimi giorni, come ad esempio la strategia da adottare su tamponi e test sierologici, l’uso dell’app di tracing, il futuro della scuola. Insomma non si intravede una strategia per il dopo con indicazioni certe per le attività produttive cosi come sono state approntate e già rese operative in molti paesi come la Germania, la Corea e anche il Portogallo.
Tra le critiche alla cosiddetta fase 2 spicca quella della CEI, che in una nota dal titolo “Il disaccordo dei vescovi” fa sapere che non si può accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. “Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”. Lo scrive in un editoriale il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che sul tema fede e fase 2 parla di una “ferita incomprensibile e ingiustificabile”.
com.unica, 27 aprile 2020