UE, riaprono le frontiere ma non agli Stati Uniti
L’Unione Europea da oggi riapre le frontiere a 15 Paesi terzi. Esclusi Stati Uniti, Russia, Brasile e India. La Cina potrà accedere se rispetta il criterio delle reciprocità. La decisione di chiudere le porte anche agli Stati Uniti alla luce dei record dei contagi registrati nel Paese negli ultimi giorni rischia ora di scatenare l’ira di Trump, il quale ora potrebbe anche far scattare la rappresaglia, chiudendo le frontiere a stelle e strisce agli europei o agendo sui dazi. Gli Stati Uniti potrebbero raggiungere 100.000 casi al giorno se l’epidemia non verrà contenuta, ha detto ieri il virologo Anthony Fauci nel corso di un’audizione al Congresso. Quanto al vaccino ha precisato che non c’è nessuna certezza di averlo subito, le prime dosi potranno essere disponibili all’inizio del 2021. Gli Usa contano fino ad ora più di 127 mila decessi per coronavirus e oltre 2.600.000 casi positivi .
Il nostro Paese ha votato a favore della lista, ma la posizione del governo italiano resta improntata alla linea della «massima precauzione». Il ministro della Salute, Roberto Speranza, sta per firmare l’ordinanza che stabilisce la riapertura delle nostre frontiere, mantenendo però la quarantena per tutte le persone che arrivano dai Paesi extra-Schengen. Il rischio di una nuova ondata di contagi in arrivo dall’estero è ancora troppo alto e l’Italia questo rischio non può e non vuole correrlo. “Dobbiamo evitare di vanificare i sacrifici fatti dagli italiani in questi mesi”, ha sottolineato il ministro.
I criteri decisivi in base ai quali è stata composta la lista sono tre: un tasso di nuovi contagi ogni 100 mila persone nelle ultime due settimane non superiore a 16,1, che è la media europea; un trend di questi decrescente o quanto meno non in aumento, e soprattutto un indice di «affidabilità» del sistema sanitario di un dato Paese superiore a 57. Un criterio, questo, molto «politico» — e dunque controverso: il punteggio (da 1 a 100) viene infatti stabilito in base ai parametri fissati dall’International Health Regulations dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che misurano la capacità di risposta di una nazione a «emergenze sanitarie pubbliche di rilevanza internazionale»: test, posti letto in ospedale, posti di terapia intensiva, numero di medici e paramedici in rapporto alla popolazione, regole di prevenzione in vigore, qualità delle cure, monitoraggio, di tutto di più. 57 è appunto il voto medio della Ue.
com.unica, 1 luglio 2020