“Tenet”, annotazioni sul film di Christopher Nolan
“Tenet” s’inserisce nel ricco filone degli action-movies fantascientifici, dove le scorribande temporali diventano quasi solo delle scuse per mostrare le solite immagini finalizzate a colpire lo spettatore con una esibita, muscolare, pirotecnica spettacolarità digitale. Christopher Nolan, che comunque è un grande regista, stavolta sembra non aver colpito nel segno e i dati del botteghino confermano questa impressione. Innanzitutto è da segnalarsi la pressoché completa impossibilità di comprendere come sia possibile viaggiare nel tempo.
È vero che vengono citate le più recenti teorie in merito, ma alla fine risulta più comprensibile il vecchio, farraginoso ritrovato della “time machine” di Wells così come riprodotto nei film ad esso ispirato che le sottili, quanto fumosamente incomprensibili, per noi semplici mortali, teorie moderne che dovrebbero “giustificare” la possibilità del viaggio nel tempo. Il protagonista, che non ha nome, sembra alla fine aver compreso molto bene il tutto; purtroppo noi non siamo così fortunati o così dotati.
È un punto questo non irrilevante, perché in altri due bei film di Nolan (“Inception” e “Interstellar”) i fondamenti scientifici o para-scientifici sono abbastanza comprensibili e, coniugati con aspetti attinenti al profondo della vita umana, permettono ancora un’identificazione dello spettatore con il protagonista; in “Inception” è il mondo del sogno e del sogno nel sogno che viene tematizzato con un finale aperto dove riecheggia l’antico adagio di Calderòn de la Barca de “la vida es sueño”, in “Interstellar” sono il rapporto padre/figlia e in generale i rapporti umani che vengono descritti a partire dagli scherzetti procurati dai viaggi a velocità prossime a quelle della luce, assumendo in tal modo aspetti talmente stranianti da costringere lo spettatore a interrogarsi sul proprio essere.
In ambedue i casi la scienza, nelle sue acquisizioni più recenti, appare al servizio di una riflessione sull’umano, così come il grande maestro di Nolan, Stanley Kubrick, fa nel suo film più intenso, ovvero “2001 Odissea nello spazio”. Questa esigenza di riflessione sull’uomo in “Tenet” sembra scomparsa, ma sono ben presenti tutti i mezzi e le furbizie per giocare con citazioni e autocitazioni, con attrazioni e fuochi d’artificio in una struttura narrativa facilmente leggibile ma complicata, soprattutto verso la fine della pellicola, dai salti temporali degli attori: un virtuosistico e vorticoso giocattolo smontabile che cattura lo spettatore visivamente ma resta in ultima istanza qualcosa di freddo e lontano dal vivere che, invece, nelle due pellicole succitate, ma a ben guardare anche in “Memento” e nella trilogia di Batman, è ben presente e dà calore e colore alle opere.
Si è detto della struttura narrativa; essa è tutta imperniata intorno a due concetti: il termine “tenet” e il palindromo. Tenet è un palindromo, possiamo leggerlo indifferentemente da destra e da sinistra, ma “tenet” non è un vocabolo qualsiasi. Grammaticalmente è la terza persona singolare, indicativo presente forma attiva del verbo latino tenēre, ma è anche la terza parola di un quadrato magico di cinque parole componente una frase a sua volta palindroma e dal significato a tutt’oggi non chiaramente stabilito, ma reperibile in chiese medievali inglesi come abruzzesi, francesi come laziali, insomma diffusa in tutto l’occidente (la prima attestazione risale alla Pompei romana).
Queste cinque parole sono tutte evocate nel film e lasciamo agli spettatori il cerebrale divertimento di individuarle, ciò che può interessare è che “tenet”, nel quadrato magico, forma una croce il cui centro è la “N” e tiene insieme l’alto e il basso, la destra e la sinistra. Perché sottolineare tutto ciò? Perché tutto il film è un grande palindromo. La narrazione, a parte un’ouverture in un teatro dell’opera, segue uno svolgimento che, arrivato all’apice nella scena centrale, una sorta di “n” di “tenet”, torna indietro ripercorrendo le stesse scene già viste ma ripresentandole al contrario e alla luce di ciò che avverrà (o è avvenuto).
Un simpatico giochetto che dà modo di dispiegare tutto l’armamentario dei film d’azione con inseguimenti, sparatorie, scazzottate, per tacere dell’autocitazione di una piccola battaglia tra i monti, narrati in tal modo due volte e da punti di vista temporali differenti, il tutto condito da quei sapienti effetti speciali che fanno di questa pellicola un vero capolavoro in quest’ambito.
Preme comunque sottolineare che al di là dei virtuosismi, anche fotografici, che sono in ogni caso di grande valore tecnico è, a nostro avviso, il quadrato magico con i suoi infiniti giochi e significati, una delle fonti più interessanti della pellicola e ciò lo si riscontra quando, avviandosi verso la fine, si registra una vera e propria difficoltà nel chiudere la storia; ciò è comprensibile perché, potenzialmente, il quadrato magico non ha fine.
Per comodità e curiosità si riporta il quadrato magico:
Come si può notare il contenuto può essere letto indifferentemente da sinistra a destra, da destra a sinistra (partendo dal basso a destra), dall’alto in basso (partendo dall’alto a sinistra) e dal basso in alto (partendo dal basso a destra). “Tenet” forma una croce greca centrale. Esistono comunque anche altre forme di lettura come la bustrofedica, la numerologica ed altre ancora che rendono pressoché labirinticamente inesauribile il gioco interpretativo.
Nicola F. Pomponio, com.unica 8 ottobre 2020