Se n’è andato nelle prime ore del mattino, proprio nel giorno del suo ottantesimo compleanno

Gigi Proietti se n’è andato proprio nel giorno del suo ottantesimo compleanno, intorno alle ore 5,30 di questa mattina in un letto della clinica romana “Villa Margherita” dove era stato ricoverato per l’insorgere di problemi legati a uno scompenso cardiocircolatorio. Le sue condizioni si sono aggravate ieri sera. “Nelle prime ore del mattino è venuto a mancare all’affetto della sua famiglia Gigi Proietti. Ne danno l’annuncio Sagitta, Susanna e Carlotta. Nelle prossime ore daremo comunicazione delle esequie”, fanno sapere i parenti.

Mattatore geniale a teatro, attore istrionico e poliedrico, regista, maestro per i più giovani, direttore e organizzatore, Gigi Proietti era amatissimo dal grande pubblico che lo conosceva per le sue apparizioni televisive così come dagli abituali frequentatori dei teatri d’avanguardia. Aveva alle spalle una lunga più di mezzo secolo, costellata di successi sia in scena sia sul set. Una delle personalità più complete dello spettacolo italiano, capace di interpretare come pochi altri la società italiana, contaminando la cultura “alta” e quella “bassa” senza pregiudizi. “Proietti era un maestro, un grande interprete della «romanità migliore», mantenendo nel tempo carisma e consenso: attraversava con disinvoltura la tradizione della canzone popolare, le drammaturgie di Ettore Petrolini, il varietà televisivo classico, la sapidità dello sketch, come quello indimenticabile dell’«affarologo» Pietro Ammicca”, ha scritto oggi sul Corriere della Sera Aldo Grasso. Dal baule che lo accompagnava in scena uscivano cimeli del passato che hanno segnato l’immaginazione dei suoi numerosi spettatori. “Una voce unica, un volto unico che hanno fatto della storia di Gigi Proietti un capitolo imprescindibile nella storia della nostra sensibilità teatrale, il grande attore che è stato un grande raccontatore, un simbolo della romanità migliore. Lui avrebbe sorriso, autoironico, con questa definizione. Anche per questo era un grande”, così lo ha ricordato Pierluigi Battista, sempre sul Corriere.

Nato a Roma il 2 novembre 1940, appassionato musicista e cantante fin dalla giovinezza, durante l’università (si era iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, poi abbandonata a sei esami dalla laurea)  si avvicina al teatro sperimentale. Nel 1970 trionfa nel musical ‘Alleluja brava gente’. Da allora, la sua carriera e’ una serie di successi a teatro, al cinema e in televisione. È anche doppiatore, tra gli altri, di Marlon Brando, Robert De Niro, Dustin Hoffman ma anche del primo Rocky e del funambolico genio di Aladdin fino a Enzo, il saggio golden retriever protagonista di Attraverso i miei occhi. Poi regista e poeta teatrale. In oltre 50 anni di attività, sempre sulla breccia, ha così collezionato 33 fiction, 42 film, 51 spettacoli teatrali di cui 37 da regista, oltre ad aver registrato 10 album come solista e diretto 8 opere liriche. Una carriera teatrale, da A me gli occhi please, passando per Shakespeare, che aveva riassunto in uno spettacolo, Cavalli di battaglia, scelto per festeggiare nel 2016 i suoi 50 anni in scena coronati dalla direzione quindicennale dell’elisabettiano “Globe Theater di Roma”. Nel Cinema il momento più alto lo raggiunge con l’interpretazione del mitico Bruno Fioretti detto Mandrake in ’Febbre da cavallo’ di Steno, pellicola diventata ormai un vero ’cult’.

Ha raccontato la sua vita nel libro “Tutto sommato – Qualcosa mi ricordo”, pubblicato nel 2013, in cui ha rievocato i momenti salienti della sua avventura umana e artistica, dall’infanzia nella periferia romana del quartiere Tufello ai primi passi nel mondo dello spettacolo, tra teatro d’avanguardia e night club, dalle perplessità della famiglia sulle sue scelte all’incontro con alcuni grandissimi, da Vittorio Gassman a Carmelo Bene, fino alla seconda giovinezza televisiva, partita con il ‘Maresciallo Rocca’ e mai interrottasi. “Raccontare la propria vita non è cosa da tutti – ha scritto. “Certo, chiunque può ricordare gli episodi, cercare di storicizzare, fare riflessioni su come passa il tempo e come cambiano le cose. Ma l’odore della povertà misto a quello del sugo della domenica, i richiami delle mamme ai figli discoli che non tornano per cena, l’allegria irrecuperabile del mercato, le chiacchiere sui marciapiedi come li spieghi a chi non c’era? I ‘faccio un goccio d’acqua’ sui muri ancora freschi di calce, la partita a tressette, la vita in strada, le donne ai davanzali, le chiacchiere dei disoccupati… Tutto questo, come puoi farlo rivivere in chi legge?”, per arrivare a concludere che “forse non è stato neppure come lo ricordi tu, perché nel ricordo hai enfatizzato qualcosa, e qualcos’altro hai rimosso”.

com.unica, 2 novembre 2020

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