Dopo che il presidente del Consiglio Conte ha illustrato in Parlamento le linee guida delle nuove misure di contenimento al virus, un nuovo DPCM è atteso per oggi. Il governo dovrà decidere se imporre un nuovo lockdown, sul modello di Spagna, Francia, Germania e Regno Unito come chiedono i medici delle città più colpite o se bisogna dare ascolto alla maggiore parte dei presidenti delle Regioni e dei sindaci che sono contrari. È probabile che non si tratti di un lockdown come quello di marzo ma con delle chiusure con altrettanti scenari di rischio: nelle zone rosse saranno aperte solo le industrie e le scuole fino alla prima media; in quelle arancioni la chiusura riguarderà bar e ristoranti; nelle verdi saranno chiusi musei e centri commerciali, scrive Repubblica. La suddivisione in fasce di rischio, scrive il Corriere, avverrà tenendo conto di parametri tra cui l’indice Rt, la situazione nelle terapie intensive, i posti letto disponibili. Sono previsti anche limiti alla mobilità dalle Regioni a rischio e in ogni caso mezzi pubblici con capienza al 50% e coprifuoco anticipato alle 21.

Si tratterebbe di misure sempre più restrittive e diverse per ogni regione in base al quadro di emergenza sanitaria e un coprifuoco serale nazionale. Si tratta in altri termini del modello proposto da Paolo Giordano e Alessandro Vespignani in un contributo pubblicato sul Corriere della Sera e che prevede chiusure mirate che dovrebbero scattare quando determinate aree superano indicatori e soglie critiche. “L’approccio fino a qui – si legge nell’articolo – è stato fondato sull’«inevitabilità»: agire solo quando il contesto lo rendeva inevitabile, agire solo quando la gravità della situazione faceva apparire le restrizioni giustificabili alla maggioranza della popolazione. Che prima di intervenire «le persone» avessero bisogno di vedere i reparti d’ospedale pieni, veniva ripetuto già a febbraio e marzo in tutte le unità di crisi del mondo, quando gli scenari imponevano di muoversi subito”. La direzione dovrebbe essere verso una maggiore centralizzazione, con l’assunzione di responsabilità da parte delle regioni: “L’epidemia richiede una direzione d’orchestra più ferma e riconoscibile di tanti comitati tecnici regionali e di organizzazioni parallele e nebulose che non si esprimono mai in prima persona.” Molto importante in questa fase è la comunicazione, che non può avvenire, tutta sbrindellata, nei talk show, com’è accaduto finora. “Dentro un’emergenza grave e prolungata come questa – spiegano Giordano e Vespignani – serve una voce unica e autorevole, che sia il volto delle istituzioni, che spieghi la situazione in continuo aggiornamento e il retroterra di ogni decisione; una voce che possa emergere dal rumore di fondo ogni giorno più rintronante, e che sappia opporsi autorevolmente alla disinformazione.”

Lombardia e Piemonte potrebbero così diventare subito zona rossa: determinante sarà il tasso di contagiosità e i posti disponibili in ospedale. A rischio anche Calabria, Puglia e Liguria. A questo riguardo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sentito la necessità di intervenire per facilitare un accordo e ha parlato direttamente con i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini e Giovanni Toti, auspicando la stretta collaborazione tra le istituzioni dello Stato. ​​​​​​​L’Alto Adige ha anticipato le disposizioni nazionali stabilendo un coprifuoco dalle 20 a partire da mercoledì e per tre settimane.

com.unica, 3 novembre 2020

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