In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra oggi 25 novembre, è stata lanciata la campagna globale di 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere sostenuta da cittadini e organizzazioni in tutto il mondo. Il tema del 2020 è “Orange the World: Fund, Respond, Prevent, Collect!”.
La campagna di quest’anno assume un valore ancora più rilevante in quanto è stato recentemente dimostrato che la pandemia di COVID-19 ha contribuito ad intensificare la violenza di genere.
In quasi tutti i Paesi colpiti dal coronavirus gli episodi di violenza di genere – e in particolare la violenza domestica – sono infatti aumentati in maniera significativa. La pandemia ha inoltre esacerbato in molti casi le vulnerabilità preesistenti, tra cui quelle delle donne, bambine e adolescenti migranti e rifugiate. In Italia, anche grazie ad un importante impegno istituzionale, il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522 ha registrato, nel periodo compreso tra marzo e giugno, un aumento del 119% nel numero delle chiamate ricevute, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo il rapporto Eures, inoltre, in Italia nei primi dieci mesi del 2020 si è verificato un femminicidio ogni tre giorni.
“Per molte donne e ragazze la minaccia si profila proprio laddove dovrebbero essere maggiormente al sicuro. Nelle loro case”, ha commentato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
La campagna di quest’anno si fonda sul messaggio “Non lasciare indietro nessuno”: un appello che vuol ricordare a tutti la necessità di focalizzare l’attenzione sulle donne e ragazze più vulnerabili e svantaggiate per poter prevenire e rispondere a ogni tipo di violenza di cui esse possano diventare vittime. Risulta significativo come, secondo gli ultimi dati disponibili (ISTAT, 2018), circa un terzo delle donne che hanno iniziato un percorso di allontanamento dalla violenza erano di origine straniera.
In questo contesto, l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), l’UNHCR (Agenzia ONU per i Rifugiati) e l’UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia) intendono richiamare l’attenzione sulle specifiche vulnerabilità delle donne migranti e rifugiate – tra cui coloro che lavorano nell’economia informale – e sottolineano come la pandemia abbia tra l’altro contribuito ad aggravare le situazioni di sfruttamento sessuale e lavorativo.
Se da un lato il regime di quarantena e isolamento sociale ha causato un aumento degli episodi di violenza, per donne e ragazze migranti e rifugiate chiedere e accedere a servizi di protezione e supporto risulta allo stato attuale ancora più arduo, spiegano le tre organizzazioni. Le difficoltà già incontrate normalmente nel richiedere aiuto, connesse a barriere linguistiche, culturali e anche istituzionali, si sono ulteriormente aggravate a seguito delle restrizioni e misure di controllo della pandemia.
I servizi di risposta alla violenza di genere sono servizi essenziali e potenzialmente salvavita e devono pertanto essere prioritizzati e opportunamente integrati nella strategia di risposta nazionale all’epidemia di COVID-19. È quindi necessario allocare sufficienti risorse finanziare per consentire a tali servizi di continuare il regolare svolgimento delle attività e per renderli sempre accessibili da parte della popolazione migrante e rifugiata. In tal senso, l’imminente processo di revisione per il nuovo “Piano Strategico Nazionale sulla Violenza Maschile Contro le Donne” appresenta un’occasione preziosa.
Per essere ancora più efficaci nel loro compito di sostegno e assistenza, i servizi di risposta alla violenza di genere – secondo Unhcr, Unicef e OIm – devono considerare i punti di vista e le opinioni delle donne e ragazze migranti e rifugiate, avvalendosi anche di un adeguato lavoro di mediazione linguistica culturale.
Le tre Organizzazioni delle Nazioni Unite sottolineano poi l’importanza di applicare in maniera puntuale e concreta la normativa vigente in materia di protezione, che prevede ad esempio il rilascio del permesso di soggiorno per persone sopravvissute a violenza (articolo 18 bis del Testo Unico sull’immigrazione) e che, per combattere la discriminazione e la violenza di genere, sostiene la promozione e la realizzazione di modelli di inclusione dedicati a migranti e rifugiati.
A novembre OIM, UNHCR e UNICEF hanno lanciato una Guida per spiegare a operatori e operatrici impegnati in prima linea quali siano le modalità più corrette per fornire un primo supporto a persone sopravvissute a violenza di genere. La Guida, in questo momento di emergenza sanitaria, è uno strumento particolarmente prezioso in quanto fornisce un supporto concreto a tutti gli operatori, inclusi quelli sanitari, che, nell’esercizio delle loro mansioni, possano essere esposti a un vissuto diretto o indiretto di un’esperienza di violenza, anche se questo non rientra nel loro ruolo primario.
La Guida è scaricabile qui

com.unica, 25 novembre 2020

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