Jan Buruma: «L’assalto dei seguaci di Trump al Campidoglio non deve sorprenderci»
Le riflessioni dell’accademico e scrittore olandese sui fatti di Washington. Il trumpismo è finito con Trump?
Le scene grottesche intorno al Campidoglio il 6 gennaio sono state davvero scioccanti: teppisti dagli occhi selvaggi con bandiere neonaziste e striscioni di Trump si sono fatti strada nella Camera dei Rappresentanti e nel Senato, mentre la folla urlava “USA” e “Stop the Steal” e altri si sono fatti dei selfie per mostrare un giorno il loro momento di gloria ai loro nipoti.
“Quello che è successo a Washington nei giorni scorsi non deve sorprenderci”, è il commento su “Project-Syndicate” di Jan Buruma, saggista, accademico ed ex direttore della prestigiosa rivista New York Review of Books. “Lo spettacolo più disgustoso di tutti è stato quello dello stesso Trump che incitava i suoi fanatici seguaci a marciare sul Campidoglio per ribaltare il responso delle elezioni e combattere i nemici ‘malvagi’ che presumibilmente lo avevano privato della sua vittoria.”
È stato scioccante ma non sorprendente, spiega: come non ricordare infatti che durante il secondo dibattito presidenziale, quando a Trump gli chiesero se avrebbe accettato il risultato delle prossime elezioni, lui rispose con queste parole: ‘questo dipenderà dal risultato’. “In altre parole, avrebbe accettato solo la propria vittoria. Qualsiasi altro risultato sarebbe stato per lui illegittimo. Allora era chiaro che non avrebbe rispettato le regole fondamentali della democrazia liberale.”
“Quella tuttavia non era l’unica prova”, scrive Buruma. “La stampa libera era considerata ‘nemica del popolo’, la sua rivale per la Casa Bianca Hillary Clinton, avrebbe dovuto essere arrestata, gli immigrati erano tutti ritenuti stupratori e spacciatori, e così via. Ricordiamo che in qualità di presidente, Trump ha perdonato, e persino incoraggiato, gli estremisti violenti che hanno dichiarato guerra a neri ed ebrei” (‘gli ebrei non ci sostituiranno!’, hanno cantato a Charlottesville, in Virginia, nel 2017).
Nel suo intervento Buruma si chiede anche se il trumpismo potrà sopravvivere in futuro anche sotto un leader diverso. “Questo è ciò che spera un politico come il senatore Ted Cruz del Texas. Il suo tentativo di assecondare la base elettorale di Trump sabotando la vittoria del presidente eletto Joe Biden è un gioco per una futura corsa presidenziale. Ma a Cruz manca il carisma volgare di Trump. È un cinico altamente istruito, uno spietato politico, ma non è uno in grado di trascinare facilmente le masse. Ma il futuro di questa ideologia dipende anche da una questione filosofica a lungo dibattuta: qual è il motore principale della storia? Sono i grandi leader o le condizioni socioeconomiche a determinarlo? Come Hitler, Trump è spesso visto, come un sintomo, piuttosto che la causa, di una patologia sociale.”
In tutto questo è indubbio che vi sia una grande responsabilità del partito repubblicano. Non bisogna dimenticare infatti che molti esponenti di primo piano del partito lo hanno sempre assecondato nel momento in cui dava loro ciò che volevano – deregolamentazione, tasse più basse per i molto ricchi e nomina rapida di giudici di estrema destra. “Alcuni repubblicani ammetterebbero che Trump era, beh, non un ‘politico convenzionale’ – sottolinea Buruma. Questo è certamente vero. Trump è più simile a un leader di una setta, un agitatore carismatico che ha promesso ai suoi seguaci la salvezza dal mondo malvagio di città violente e decadenti, élite liberali, neri, gay, immigrati e altri alieni inquinanti nel corpo politico. Molte persone hanno votato per Trump perché credevano in lui più come messia che come politico. Ma la grande domanda oggi è se una setta possa durare una volta che il leader è fuori dal potere. Il Trumpismo può sopravvivere a lungo senza Trump? Certo, lui controlla ancora gran parte del Partito Repubblicano. E cercherà di preservare la sua influenza attraverso i social media. Potrebbe persino costruire il suo piccolo impero mediatico. Ma questo sarà sufficiente? Durerà?”
Quel che è certo, conclude il professore olandese “la rabbia, i risentimenti e i problemi economici che Trump ha sfruttato non scompariranno, ovviamente. I sintomi rimarranno, ma forse senza un uomo con il genio malevolo ad infiammarli.”
com.unica, 9 gennaio 2021