Omero Sabatini, l’aquilano che ha svelato i Promessi Sposi agli americani
L’ex diplomatico, che vive in Virginia, ha rappresentato gli Stati Uniti in diversi Paesi del mondo. Un ritratto di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – Omero Sabatini vive ad Alexandria, in Virginia, in una bella casa piena di libri, ricordi e immagini di ogni parte del mondo. Nell’ottobre 2016, trovandomi a Washington, andai a fargli visita. Alexandria dista appena una quindicina di km dalla capitale federale, si trova sull’altra sponda del Potomac, il fiume che fa da confine tra il Maryland e la Virginia. Ha una bella età Omero – a giugno farà 90 anni -, una vasta cultura in campo economico ed umanistico e un mai sopito amore per L’Aquila, dove ha le origini, quantunque sia nato negli Stati Uniti. Omero Sabatini è infatti nato il 26 giugno 1931 a East Chicago, città sul lago Michigan nello stato dell’Indiana. Suo padre Giuseppe era emigrato in America nel 1920, sua madre Carmela Barbati, ostetrica in un piccolo paese dell’aquilano, era rimasta in Italia. Dopo la nascita del primogenito Bruno, nel 1928 a Secinaro, nell’anno del crollo di Wall Street Carmela parte con il figlioletto per gli Stati Uniti per andare a trovare il marito e stare qualche anno insieme a lui. Nel frattempo dà alla luce Omero. Resta altri tre anni in America Carmela, prima di rientrare nel 1935 a L’Aquila con i due figlioletti e riprendere il suo lavoro di ostetrica comunale.
Crescono due figli di forte ingegno. Bruno sarà stimato medico ginecologo all’Ospedale civile dell’Aquila, ma anche finissimo poeta, scrittore, pittore, musicologo e alpinista. Omero, finito il liceo, va a Roma per seguire gli studi all’Università La Sapienza, laureandosi in Scienze Politiche nel 1954. Giovane intelligente, vivace, sensibile ai temi sociali assai scottanti nel dopoguerra dell’Italia repubblicana, Omero presta alla politica il suo impegno appassionato, militando nella Democrazia cristiana, ricoprendo dapprima l’incarico di delegato giovanile poi di vice Segretario provinciale. Avrebbe potuto avere, per il suo talento carismatico, un sicuro avvenire nel campo della politica e delle istituzioni. Invece, presa la laurea, Omero preferisce tornare negli Stati Uniti per costruire là il suo futuro. Si iscrive all’Università di Chicago, uno degli atenei più prestigiosi al mondo, e nel 1960 consegue una laurea magistrale in Relazioni Economiche Internazionali. Una formazione eccellente che già è una promessa.
Entra infatti subito nel Corpo diplomatico degli Stati Uniti, iniziando la sua carriera. Sarà poi il presidente Ronald Reagan nel 1981 a conferirgli il primo incarico di rappresentanza, ratificato dal Senato. Da quel momento viene assegnato, oppure viaggia, in diversi paesi del mondo a rappresentare il Governo federale americano in importanti missioni: Belgio, Portogallo, Algeria, Canada, Grecia, poi incontri internazionali in molte Paesi europei, quindi in Giappone, Thailandia, India, Iran. Partecipa a negoziati sia con la Comunità Europea (ora Unione Europea) a Bruxelles, sia nella sede delle Nazioni Unite a Ginevra, quindi ad un importante simposio sulle relazioni commerciali tra gli Stati Uniti ed i Paesi arabi. Prende inoltre parte ad uno scambio di funzionari governativi tra Stati Uniti e Comunità Europea, in un programma promosso dalla Brookings Institution di Washington e dalla Commissione Europea. Relatore fecondo e plurilingue (inglese, italiano, francese, portoghese) partecipa a numerosi convegni sul commercio internazionale. Questa in estrema sintesi la cospicua biografia di Omero Sabatini.
Egli è stato direttore dell’Ufficio per l’Assistenza e lo Sviluppo del Commercio (Trade Assistance and Promotion Office) del Ministero dell’Agricoltura. Invitato ad entrare nella FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, Sabatini declinò la proposta in ragione dei suoi rilevanti impegni diplomatici per il Governo degli Stati Uniti. E’ stato giudicato, anche dalla stampa, come uno dei più incisivi ed efficaci diplomatici accreditati presso la Comunità Europea. Viene ancora ricordata, tra le tante missioni che egli ha condotto in porto, anche una pertinace sua lotta per far deragliare un’iniziativa legislativa che avrebbe potuto danneggiare per molti miliardi di dollari l’anno le esportazioni americane. Molti i riconoscimenti ricevuti nella sua carriera, tra cui il “Nastro Azzurro”, onorificenza conferitagli dal Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti per l’encomiabile impegno nelle relazioni commerciali con la Comunità Europea, e ben sei Attestati di Merito dal Governo americano. Ricca la produzione pubblicistica, con articoli e saggi sulle relazioni con l’Europa, sul commercio internazionale degli Stati Uniti e del Canada, sull’economia agricola dell’Etiopia e della Thailandia. Stimato per l’eccellente qualità dei suoi scritti, studi e ricerche nel campo del commercio internazionale e dell’innovazione in agricoltura in alcuni Paesi in via di sviluppo, Omero Sabatini ha ricevuto encomi ed apprezzamenti da esponenti di importanti atenei, come l’University of Illinois di Chicago, Georgetown University di Washington, Texas A&M University di Galveston e l’University of Guelph in Canada.
Omero, una carriera così intensa e movimentata, in giro per il mondo, avrebbe presupposto una tranquilla vita da pensionato. Invece?
“Quando sono andato in pensione ho dedicato buona parte del mio tempo alla promozione delle relazioni culturali italo-americane e all’associazionismo abruzzese e molisano. Quelli della mia età ricordano ancora la regione Abruzzo e Molise unita. Non esisteva ancora un’associazione regionale nell’area della Capitale. All’inizio di questo secolo fui uno dei promotori e fondatori dell’Abruzzo and Molise Heritage Society, associazione della quale sono stato per molti anni dirigente e presidente. Ho anche promosso la nascita del Notiziario AMHS, organo ufficiale del sodalizio, del quale sono stato redattore dei primi numeri. L’associazione riunisce oltre 300 soci, abruzzesi e molisani di varie generazioni, del Distretto della Capitale federale e anche residenti nei confinanti stati del Maryland e della Virginia”.
Chi guida attualmente l’associazione Abruzzo & Molise Heritage Society e quali attività svolge?
“Attuale presidente dell’associazione è Raymond La Verghetta, nato a Baltimora ma con origini abruzzesi, i nonni erano di Vasto. Ora vive a Washington. Professore universitario, ha insegnato alla Loyola University di Baltimora, alla Georgetown University qui a Washington e all’Accademia Navale di Annapolis. Negli anni passati hanno ricoperto la presidenza Lucio D’Andrea, ingegnere petrolifero d’origine molisana, anch’egli fondatore e presidente per molti anni, poi Maria D’Andrea-Yothers, dirigente del dipartimento per il Commercio del governo federale che già aveva lavorato a Ginevra nell’Organizzazione mondiale del Commercio. L’associazione è davvero molto attiva, con numerose iniziative culturali e sociali nel corso dell’anno, talvolta in collaborazione con l’Istituto italiano di Cultura. Le nostre attività tendono a mantenere viva la memoria delle radici, delle tradizioni culturali e gastronomiche, favorendo la conoscenza delle bellezze artistiche e ambientali dell’Abruzzo e del Molise, spesso rivolgendo l’interesse ai piccoli borghi che conservano talvolta meraviglie d’arte e suggestive tradizioni. Particolarmente riserviamo, con due borse di studio, attenzione ai giovani meritevoli che studiano in scuole superiori e università. Presupposto è che abbiano seguito o seguano corsi di lingua italiana”.
Ci sono giovani nell’associazione e quale interesse hanno per la lingua e la cultura italiana?
“Non sono molti i giovani che frequentano le nostre associazioni, ma è un problema generale, hanno altri interessi. Tuttavia l’interesse per l’Italia è sempre alto. L’Italia è amata per le sue bellezze e la sua cultura. Anche la lingua italiana, benché non ci siano molti sostegni dall’Italia, è sorprendentemente la quarta lingua studiata al mondo. Sono stato presidente anche in due distinte sezioni dell’Ordine dei Figli d’Italia (Sons of Italy) e ho sempre promosso iniziative culturali e soprattutto lo studio dell’italiano. In quelle vesti di presidente, tra l’altro, favorii la destinazione di un finanziamento di corsi d’insegnamento della lingua italiana in una scuola elementare di Washington”.
Hai seguito, o segui, attività anche in altre associazioni?
“Sono stato per diversi anni tesoriere della Società Culturale Italiana di Washington e membro del Consiglio dell’Holy Rosary Church, la parrocchia e la chiesa che è un po’ il riferimento per la comunità italiana nell’area della Capitale. Sono anche membro di tre associazioni di ex diplomatici americani. Seguo le attività, per quanto mi è possibile”.
C’è però un aspetto singolare del nostro Omero Sabatini che esula dalle sue attività diplomatiche o sociali in seno alla comunità italiana. Fa invece riferimento alla sensibilità umanistica, all’amore per la cultura italiana in generale e per la nostra letteratura, che egli ha sempre coltivato. Un po’ come papa Francesco, che qualche anno fa rivelò a Civiltà Cattolica il suo forte interesse per le opere di Alessandro Manzoni e, in particolare per il romanzo “I Promessi Sposi”, affermando di averlo letto tre volte e di averlo sul comodino per una quarta lettura, Omero Sabatini è andato perfino oltre il puro interesse per Manzoni e per il suo romanzo più famoso.
Come è nata l’idea di realizzare una riduzione, un adattamento e la traduzione dei Promessi Sposi?
“È nata dall’amore per la nostra letteratura e, nella narrativa, per il più grande romanzo, appunto il capolavoro manzoniano. Constatavo però che in America, fuori dalla cerchia ristretta degli studiosi di letteratura italiana, nessuno conosceva Manzoni e “I Promessi Sposi”. Per il semplice fatto che non esisteva ancora una traduzione del romanzo in versione “popolare”, ridotta e alleggerita, per favorire la lettura assecondando i gusti degli americani, che rifuggono le trattazioni storiche e i testi lunghi. Esistevano, è vero, almeno cinque traduzioni integrali del romanzo, sotto il titolo The Betrothed, la prima nel 1828 l’ultima nel 1972, ma nessuna ridotta, adattata agli americani. Mi sono quindi è cimentato in una riduzione adattata – anche nei nomi – del testo manzoniano, che fosse alla portata di tutti, e nella sua traduzione in inglese. E’ stato un lavoro durato diversi anni. Il successo del risultato ha sorpreso anche me”.
L’appassionata opera di riduzione e traduzione di Omero Sabatini è stata pubblicata nel 2002, un bel libro di 476 pagine, sotto il titolo “Promise of Fidelity” (First Book Library), sottotitolato “Una storia d’amore italiana del famoso romanziere Alessandro Manzoni, tradotta adattata annotata abbreviata da Omero Sabatini”. E’ stato davvero un successo. Molti gli apprezzamenti e i commenti favorevoli, dai lettori e da studiosi americani, sulla qualità della traduzione. Riporto per brevità solo uno stralcio di quanto dichiarato nel 2003 dal prof. Roberto Severino, direttore del dipartimento di italiano della Georgetown University di Washington: “[…] Questa traduzione, ridotta e adattata da Omero Sabatini, del capolavoro di Alessandro Manzoni, dovrebbe realizzare ciò che finora è stato praticamente impossibile: prendere questo grande romanzo presente solo negli scaffali delle istituzioni accademiche e farlo conoscere diffusamente nei paesi di lingua inglese. Questa di Sabatini è davvero un’abile interpretazione del testo originale e delle sue caratteristiche stilistiche.”
Ad Omero Sabatini è dunque riuscita un’impresa davvero notevole, portata a compimento solo con la grande passione e l’ammirazione che egli nutre verso il capolavoro manzoniano, una delle opere più rilevanti e significative della letteratura italiana. James Patrick (Jim) Moran, che è stato sindaco di Alexandria e per 24 anni autorevole membro del Congresso degli Stati Uniti, così annotava sul capolavoro manzoniano: “Anche se il romanzo è ancora quasi sconosciuto in questo paese, è assolutamente da leggere. In Italia “I Promessi Sposi” è ancora considerato dagli italiani come il loro più grande romanzo, i suoi personaggi profondamente radicati nella cultura popolare come lo sono le opere di Verdi. Ma fuori dall’Italia rimane uno dei grandi capolavori trascurati. Giuseppe Verdi lo lodò come “uno dei più grandi libri mai emersi dal cervello umano… una consolazione per l’umanità.” Concordo, quindi, con la stragrande maggioranza degli esperti che questo romanzo è necessario leggere da parte di chiunque sia interessato a capire come il patrimonio culturale, intellettuale, artistico e sociale italiano abbia contribuito a plasmare la cultura americana e la nostra visione della vita.” Questa l’annotazione che Jim Moran faceva a commento dell’impresa riuscita ad Omero Sabatini, suo concittadino di Alexandria.
Scriveva inoltre John J. Eddy in recensione al libro di Manzoni-Sabatini: “L’acclamato capolavoro di Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, pubblicato nel 1827, è qui reso (Promise of Fidelity) in un inglese americano accessibile ed eloquente da Omero Sabatini, un diplomatico statunitense in pensione nato in Indiana ma cresciuto fino ai vent’anni in Italia. Il successo di questa traduzione è dovuto in parte alla felice collaborazione di due anime affini nel loro umorismo e compassione. Sabatini, l’abile traduttore, sembra in sintonia con ogni piega della mente del maestro. La storia è incentrata sulle speranze ostacolate di una coppia innamorata e religiosa che desidera sposarsi nell’Italia del XVII secolo. […] Non sono esperto di letteratura italiana ma immagino che il romanzo del Manzoni agli occhi dell’italiano moderno competa solo con Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Darei un certo vantaggio al Manzoni per il modo commovente con cui ha raffigurato i personaggi che affrontano la morte certa per la peste bubbonica, spesso il giorno dopo il contagio. Ad esempio, in una pagina infinitamente commovente, famosa nella letteratura italiana, una madre prossima alla morte trasporta la figlia morta di nove anni sul carro del Lazzaretto, già pieno di corpi, per concedere a sua figlia l’ultimo brandello di dignità e tenerezza prima della sepoltura. La madre sa che lei stessa morirà al calar della notte. All’inizio fui scosso dall’uso dei nomi americani da parte del signor Sabatini, per mettere a proprio agio il lettore non italiano. Una decisione tuttavia utile, poiché Manzoni scriveva per un tempo assai diverso dal nostro. Trovo quindi l’opera di Omero Sabatini come un grande servizio reso ai lettori americani impegnati. Ciò che rimane del romanzo manzoniano è vivacemente coinvolgente in ogni pagina.”
Dei Promessi Sposi secondo la versione di Omero Sabatini sono uscite due edizioni e varie ristampe negli Stati Uniti, vendute anche nel Regno Unito, Canada, Australia e in altri paesi anglofoni, in cartaceo e soprattutto nell’edizione Kindle, a conferma della felice intuizione e del successo dell’operazione portata a compimento dal traduttore aquilano. Ancora una sottolineatura: nel giudizio di gradimento espresso dai lettori ho trovato quasi sempre cinque stelle, il massimo. Restano infine da annotare ancora due cose.
Che ricordo hai della tua visita più recente a L’Aquila e in Abruzzo?
“Ho davvero un bellissimo ricordo dell’ultimo ritorno a L’Aquila, nel giugno 2013. Con me vennero mia figlia Maria, che vive a Oakland in California, e mia moglie Belinda. Visitammo alcuni luoghi, paesi e città abruzzesi, molto intriganti per la loro bellezza. L’Abruzzo è una regione sorprendente! Ma quel che mi colpì fu L’Aquila, ancora invasa dalle macerie del terremoto del 2009 nel suo straordinario centro storico, e la ricostruzione che era appena avviata nelle zone esterne alle antiche mura della città. Seguo come posso le notizie sulla ricostruzione e sono lieto che L’Aquila sta risorgendo più bella di prima. In quel mio ritorno vissi emozioni che ancora avverto fortemente, come la serata che organizzò per me mio fratello Bruno nella sua bella casa nella zona residenziale di Pettino, facendomi trovare e riabbracciare tanti amici aquilani. C’eri anche tu quella sera. È bello ricordare quella festa, preparata con tanta premura dal caro Bruno, che purtroppo è scomparso giusto un anno fa, in gennaio”.
Omero Sabatini gode di grande simpatia e stima, nella città di Alexandria e soprattutto a Washington, dove conserva numerose amicizie. Chi scrive ne ha potuto apprezzare il sapore nella giornata passata insieme a lui cinque anni fa, dapprima nella sua casa – ero accompagnato da Lucio D’Andrea ed Edvige, da Nancy De Santi e da Laura Benedetti, anche lei aquilana come Sabatini, docente di lingua italiana alla Georgetown University -, conclusasi con una magnifica serata ad Arlington, in un buon ristorante siciliano. Ebbi peraltro la sorpresa di ricevere da Lucio D’Andrea e da Omero la pergamena dorata di Socio onorario dell’Abruzzo and Molise Heritage Society. “Un privilegio che l’AMHS ha concesso solo a cinque personalità, tra le quali il Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti Antonin Scalia e l’Ambasciatore Luigi Einaudi, già Segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani presso le Nazioni Unite”, annotarono all’atto della consegna. In fondo anch’io venni trattato come un Ambasciatore, del nostro Abruzzo nel mondo.
Goffredo Palmerini, com.unica 5 febbraio 2021
Nelle foto, dall’alto: 1. Omero, Maria e Belinda Sabatini; 2. Omero con un’amica e Belinda; 3. Alexandria (Virginia)