Una ricerca su Nature Communications, a cura di Cnr-Isc e Università di Firenze, getta un ponte fra le due teorie fisiche attraverso un’unica definizione di “tempo”

Il tempo è una nozione profondamente radicata nella nostra percezione della realtà, motivo per cui è stato per secoli un elemento delle teorie scientifiche tanto fondamentale da non poter essere messo in discussione. Nel secolo scorso, la relatività generale e la meccanica quantistica sono intervenute in direzioni opposte: la prima ha introdotto il concetto di coordinata temporale, riconoscendo al tempo lo stesso status attribuito alla posizione spaziale; la meccanica quantistica, invece, ha individuato nel tempo un parametro esterno alla teoria stessa, sostanzialmente diverso da ogni altra proprietà osservabile.

Mentre l’introduzione del concetto di “spaziotempo” in relatività generale appare come un’intuizione coerente con l’impianto logico e formale della fisica classica, il fatto che il tempo non possa essere trattato come le altre osservabili fisiche in meccanica quantistica può risultare inquietante. Il diverso modo di intendere, concettualmente e formalmente, il tempo in relatività generale e meccanica quantistica costituisce uno dei principali ostacoli da superare quando si tenti di riconciliare le due teorie, riconciliazione che è oggi, dopo un secolo di giustapposizione, irrinunciabile.

In questo quadro, il lavoro del gruppo di ricerca di Paola Verrucchi dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc) e di Alessandro Cuccoli (Dipartimento di Fisica dell’Università di Firenze), pubblicato su Nature Communications costituisce un importante passo avanti. Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto nazionale di fisica nucleare. “Vi si mostra che una descrizione completamente quantistica permette di dedurre le equazioni che descrivono l’evoluzione nel tempo dei sistemi fisici, siano esse quelle previste dalla fisica classica o dalla meccanica quantistica”, spiega Cuccoli.
Gli autori fanno riferimento a una proposta, nota in letteratura come “meccanismo di Page and Wootters (PaW)” dal nome dei fisici che l’hanno introdotta circa 40 anni fa, secondo la quale l’espressione “ad un certo istante di tempo t” deve essere intesa come in relazione al fatto che un orologio si trovi in uno stato caratterizzato dal valore t.

“L’idea corrisponde in modo naturale alla nostra esperienza quotidiana, poiché sappiamo a che ora ci svegliamo solo guardando in che posizione sono le lancette dell’orologio, o a che altezza sia il sole nel cielo, o quanto lunga sia l’ombra degli oggetti sul terreno”, afferma Verrucchi. “Possiamo dire che il meccanismo PaW formalizza uno degli strumenti più usati nella letteratura e nel cinema, laddove per dare il senso di un tempo che si ferma, si congela l’intero ambiente circostante il protagonista, introducendo così l’idea fondamentale che la percezione dello scorrere del tempo richieda necessariamente una correlazione con ciò che ci circonda”.

Nel meccanismo PaW questa correlazione si formalizza in uno straordinario fenomeno, tipico ed esclusivo della meccanica quantistica, che prende il nome di entanglement: si tratta di un legame, un intreccio (traduzione del termine inglese entanglement, appunto) fra sistemi fisici distinti, che stabilisce una relazione fra le loro rispettive proprietà ed è tanto sostanziale da sopravvivere anche quando tali sistemi, allontanati nello spazio e nel tempo, non interagiscono più. Basandosi su un fenomeno esclusivamente quantistico, però, il meccanismo PaW da solo non sembrava poter condurre ad una trattazione dell’evoluzione temporale che potesse descrivere il fluire del tempo nella nostra realtà quotidiana, perfettamente descritta dalla fisica classica. “Il nostro lavoro nasce dalla constatazione che il tempo è una nozione trasversale rispetto a qualunque teoria scientifica, da cui segue la necessità di una trattazione che permetta di derivare nello stesso quadro formale sia l’equazione che descrive come lo stato di un sistema evolve nel tempo in una trattazione quantistica, la cosiddetta Equazione di Schroedinger, che le equazioni che forniscono l’analoga descrizione in fisica classica, dette Equazioni di Hamilton”, continua Cuccoli.

A tale scopo, in questo lavoro gli autori costruiscono un modello senza tempo, costituito da due sistemi quantistici, orologio e sistema, non interagenti ma fortemente correlati attraverso l’entanglement (ovvero entangled) ed aggiungono al meccanismo PaW la descrizione formale del cosiddetto quantum-to-classical crossover, il fenomeno per cui un sistema macroscopico, cioè grande, può essere descritto da una teoria classica sebbene i suoi componenti microscopici siano descritti dalle leggi della meccanica quantistica. L’aggiunta di questo ingrediente, insieme ad una attenta rielaborazione del meccanismo PaW permette di dimostrare che esiste un parametro t dell’orologio che è, a tutti gli effetti, il tempo per l’altro sistema, indipendentemente dal fatto che si ricorra ad una descrizione quantistica o classica.

“L’assoluta necessità che sistema ed orologio siano entangled affinché le equazioni di Schroedinger e Hamilton possano essere derivate dimostra ancora una volta che questa forma di correlazione squisitamente quantistica è fondamentale per la realizzazione dell’universo intorno a noi e del modo in cui lo percepiamo”, conclude Verrucchi. “Questo risultato mostra che non esiste un tempo quantistico, magari contrapposto ad un tempo classico, esiste un solo tempo ed è una manifestazione dell’entanglement. Il nostro risultato getta le basi per la costruzione di un ponte fra relatività generale e meccanica quantistica che può traghettarci verso una più profonda comprensione di come, perché e in che senso il tempo scorra intorno a noi e nell’intero universo”.

Sebastiano Catte, com.unica 2 aprile 2021

Fonte Cnr

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