È uno scrittore spietato e vero nel mistero.  Fa tremare l’inattuale

Perché abbiamo dimenticato Proust. Nasceva il 10 luglio 1871. Si dimentica ciò può dar fastidio, ciò che turba  ciò che è spietato. Anzi, si cerca di dimenticare. Si tenta!
Perché? Perché ci conduce lungo il cammino del tempo e ciò vuol dire che ci “impone” l’immagine e l’immaginario della memoria con tutti i suoi dettagli tra passato, ricordo e nostalgia. 

Questo fa paura. Soprattutto in un contesto dove il pensiero non solo è debole bensì è, anche, non pensiero, ovvero sparse chiome di idee, Proust porta la nostra vita, le nostre vite, a confrontarsi sia con lo specchio, ovvero con lo specchio infranto di Dorian, sia con la maschera del teatro senza realtà di recita, ma di una realtà che rischia il consenso con la verità che tutto esiste per diventare inesistente e crudele nella verità della ricordanza.

Scavare il sapere di Proust significa, tra l’altro,  smobilitare l’impalcatura dell’infanzia giovinezza, che si fa dissolvenza, come abbiamo sostenuto in “Il sottosuolo dei demoni” (Solfanelli), nel quale dedichiamo importanti pagine proprio a Proust. Proust deve restare nella soffitta? Certo. Non per me. Non per noi. Ma per tutta una cultura, dico cultura non letteratura, che ha timore di resistere alla memoria e al tempo, ha il tremore della svalutazione dell’età.

Due strutture di vita diventano inossidabili iniziazioni di trasparente antropologia della conoscenza della gnosi.  Il tempo siamo noi perché siamo stati tempo e lo siamo. La memoria è un radicarsi sempre più dentro questo tempo che si realizza come sottosuolo.

Il sottosuolo riporta Dostoevskij chiaramente, ma è una temperie del dolore che affligge la vita e scalfisce i giorni nello scavo dell’essere vivi ed esistenti e ancora spietati. Proust ci educa non alla religiosità della memoria.  Errato. Ma ad essere esistenti nell’essere vivi nel tempo, come avrebbe detto Franco Califano, piccolo, “tempo piccolo” che ci rende grande. Appunto.

Uno degli eredi più potenti del nostro contemporaneo sradicamento dei linguaggi e delle filosofie impossibili resta Franco Califano. Opportuno? Inopportuno? Semplicemente vero! Il tempo piccolo e la noia sono epiincastri della parola. Cosi come il suo sottoscala della memoria, sottoscala degli occhi e delle ciglia,  che è sprofondamento nel sottosuolo dell’anima.

Proust dentro Franco Califano? Certamente sì. I poeti sono anime in transito quando abitano il cielo infinito oltre l’oblio. Il Califano della noia di Leopardi è il Proust del Leopardi che strizza l’anima alla matita sotto le ciglia del tempo stanco in un tempo piccolo, che recita il ritorno di un tempo impossibile.

In fondo Proust neutralizza il tempo teatralizzandolo nella memoria finita nell’infinito di un immaginario che non muore. Questo è un grande compito della ricerca del tempo perduto e ritrovato di Proust di cui la nostalgia non è malinconia, ma consapevolezza della perdita. La nostalgia è il vero specchio – maschera che tutto si dissolve e resiste soltanto una ricordanza discordanza tra la contemporaneità delle esistenze.

Certo che Proust fa paura. Perché costringe a guardare le rughe e “ordina” di riflettere su quella goccia di pioggia che batte sul vetro della finestra di Thomas Mann. Il tutto per dirci che siamo viventi, ma siamo anche morenti nello spazio che Bachelard ha distratto alla dimenticanza. Se il ricordo è un assillo e un esilio la dimenticanza è la morte di tutto. Che significa la fine compiuta nella incompiutezza della morte stessa.

Proust è incantevole tragico  incalzante incancellabile. Proust ci lasciava il  18 novembre 1922. Ora sono 150 anni dalla nascita. Dimenticato? Si dimentica sempre ciò che sfilaccia l’anima e la rende trama di fili della favola bella e inesistente di Alice.

Un paese delle meraviglie che è un sogno. Proust non è un sogno. È la deriva del sognare. È una eredità e le eredità non sono passioni, ma vita e vissuti, esistenza e presente. Uno scrittore non è solo la sua vita. È la fantasia mistero di vite sopravvissute e di profezie che il tempo non sconfiggerà mai.

Dimenticato? Sì. Perché è troppo vero nel mistero e diventa crudele e resta spietato. Gli amanti gli amori la madre la nonna le maddelinine le passeggiate i lusso l’eleganza la bellezza, in un contesto di barbarie,  come quello attuale, sono il terribile dell’equivoco e l’enigma della verità. Proust è un Re nella bellezza e per la bellezza. È inattuale. La modernità vive altro.

Pierfranco Bruni e Micol Bruni, com.unica 10 luglio 2021

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