C’è un altro Abruzzo fuori dell’Abruzzo
Una nota di Goffredo Palmerini, prefazione al 2° volume “I messaggeri dell’Abruzzo nel mondo” di Dom Serafini
C’è un altro Abruzzo fuori dall’Abruzzo, più grande di quello dentro i confini. Le stime più attendibili l’attestano certamente al di sopra del milione e trecentomila, dunque più degli abruzzesi che vivono nella regione. Gente che ha conosciuto, insieme agli italiani delle altre regioni, la più grande diaspora della storia dell’umanità. Perché tale è stata l’emigrazione italiana dall’Unità d’Italia, nel 1861, fino agli anni Settanta del secolo scorso, quando le uscite migratorie dal Paese andarono affievolendosi nei numeri. Complessivamente erano usciti dall’Italia, in poco più d’un secolo, quasi 30 milioni di emigrati, sparsi in ogni angolo del mondo. Argentina, Brasile, Stati Uniti le rotte principali oltreoceano della prima grande emigrazione. Poi, nel secondo dopoguerra, ad esse s’aggiunsero Venezuela, Canada, Australia ed altri Paesi, e quindi l’Europa, con Svizzera, Francia, Belgio, Gran Bretagna e Germania. In numeri sensibilmente inferiori l’emigrazione italiana s’indirizzò anche nel continente africano, in Sud Africa, ma anche nei paesi del Maghreb che affacciano sul Mediterraneo. Negli anni recenti, con la crisi economica del 2007 che ha colpito particolarmente le economie dell’Occidente e sensibilmente l’Italia, con una disoccupazione che tocca precipuamente i giovani, è ripresa nel nostro Paese l’emigrazione, certamente di altro genere rispetto a quella storica, e tuttavia in termini crescenti fino ai 150mila esodi l’anno. Questo fenomeno, diretto in nord America, Europa e Australia, ha preso anche le vie dell’Est, particolarmente in Cina e nei Paesi della penisola arabica (Emirati, Arabia Saudita).
Un fenomeno rilevante, dal punto di vista politico economico e sociale, storicamente trascurato e politicamente talvolta pressoché rimosso. La nostra Storia nazionale dedica all’emigrazione italiana un’attenzione minima, residuale. Sui testi scolastici è del tutto assente o, se presente, relegata in poche pagine marginali. C’è dunque assoluta necessità, se l’Italia vuole davvero conoscere e riconoscere l’altra Italia – che conta 80 milioni d’italiani nel mondo delle varie generazioni dell’emigrazione – che la storia della nostra emigrazione entri finalmente nella Storia d’Italia, con tutta la rilevanza che le compete, con il suo significato politico e sociale, con la sua dimensione economica e culturale. La storia dell’emigrazione deve dunque entrare nei programmi delle scuole italiane, nei piani di studio delle nostre università.
Sarà bene che le Istituzioni considerino quest’altra Italia, ben più grande di quella dentro i confini, come una parte assai importante per la cultura italiana, per la diffusione della nostra lingua, per la promozione dello stile e del gusto italiano che accompagna il made in Italy, per le opportunità in campo economico che una così grande e preziosa risorsa di autentici ambasciatori, quali sono i nostri connazionali nel mondo, può rappresentare in un mercato globale. Giova ricordare a classi dirigenti sovente poco attente all’attualità della nostra emigrazione, ancora giudicata secondo triti stereotipi piuttosto che nella realtà, come gli italiani all’estero hanno conquistato rispetto e prestigio occupando posizioni di rilevanza nelle università, nell’economia, nella ricerca, nell’imprenditoria, nell’arte, persino nei Parlamenti e nei Governi dei Paesi di accoglienza. Ecco, quando l’Italia sarà finalmente capace di riconoscere l’altra Italia in tutto il suo valore, un’altra storia potrà riguardare il nostro Paese, in termini di presenza culturale nel mondo e finanche di peso politico nello scacchiere mondiale, contando 140 milioni d’italiani, di cui 60 dentro i confini e gli altri nel mondo.
Queste modeste annotazioni di ordine generale valgono altrettanto per l’Abruzzo, dentro e fuori i confini. Negli ultimi anni, sebbene permangano ancora preoccupanti lacune di conoscenza del fenomeno migratorio, anche a livello istituzionale, va tuttavia crescendo una consapevolezza matura di cosa abbia rappresentato e rappresenti l’emigrazione abruzzese. Allo scopo generale, e a quello dell’Abruzzo in particolare, hanno valso certamente pubblicazioni e saggi sull’emigrazione, un fenomeno che man mano va illuminandosi di attenzione. E di sorprese. Alle trattazioni degli studiosi per fortuna si è andata aggiungendo man mano una pubblicistica che affida riflessioni, analisi e annotazioni alle pagine dei giornali su carta come pure al grande mondo della stampa on line, più pervasiva e meglio presente perché liberamente attingibile nel web da ogni angolo del pianeta.
A queste importanti risorse della comunicazione della conoscenza da tempo si va affiancando un’editoria più particolare, che alla trattazione del fenomeno in generale, sul piano sociologico e culturale, preferisce una narrazione diversa, perfino più efficace ed intrigante. L’emigrazione abruzzese viene raccontata, infatti, attraverso un ricco caleidoscopio di esistenze, di storie vissute, di esperienze esplorate. E di pregiudizi sconfitti con l’esempio e la virtù, con il talento e l’intraprendenza, con il coraggio e il valore. Uomini e donne abruzzesi in terra straniera così hanno saputo guadagnarsi la stima e la considerazione nei Paesi d’accoglienza, grazie a testimonianze di vita specchiate ed esemplari, conquistando con la serietà, l’ingegno e la creatività posizioni di rilievo.
Di quest’altro Abruzzo, attraverso il racconto di storie vissute, di persone autentiche, da molti anni parla Dom Serafini, con la puntualità dei suoi articoli sulla stampa abruzzese e sulla stampa italiana all’estero, con la qualità dei suoi libri. Come questo suo libro, per il quale voglio esprimere alcune conclusive osservazioni. L’Autore ha il merito, per il tramite di queste cento storie di valenti abruzzesi – che si aggiungono alle altre già raccontate e che sperabilmente continuerà a raccontare – di continuare a costruire il grande mosaico dell’emigrazione partita dall’Abruzzo. C’è tutto l’Abruzzo dei luoghi d’origine, di ogni angolo e di ogni provincia, e c’è davvero tutto il mondo – dagli Usa alla Cina, dall’Algeria al Cile, dall’Argentina al Canada, dall’Australia al Guatemala, al Giappone, al Perù, al Venezuela, a tutti i Paesi della nostra Europa) dove questi nostri corregionali hanno saputo esprimere all’eccellenza le loro qualità e il loro valore.
È uno straordinario patrimonio di uomini e donne che rendono onore all’Italia e all’Abruzzo, terra natale dove affondano le loro radici, dove s’ispirano le loro emozioni, dove traggono l’eredità culturale, dove ripongono l’amore per secolari tradizioni e le nostre ricchezze artistiche e ambientali. Di questo retaggio hanno una sana fierezza, un orgoglio denso di antichi valori, specchio della millenaria civiltà delle genti d’Abruzzo. Della loro terra, dei borghi e delle città che la costellano, dello straordinario scrigno di meraviglie d’arte e architetture, della cangiante armonia che dalle alte vette del Gran Sasso, del Sirente e della Maiella, scende alle rigogliose colline fino allo splendore del mare, i nostri abruzzesi nel mondo sono profondamente innamorati. E la straordinaria bellezza del nostro Abruzzo la raccontano, in tutta la sua suggestione, laddove loro vivono. Altro che le stantie campagne di promozione turistica che talvolta fa la nostra Regione. I nostri abruzzesi nel mondo sono gli ambasciatori e i migliori promoter delle meraviglie dell’Abruzzo. Il lettore se ne renderà conto leggendo queste storie. Ne avvertirà il senso e l’anima stessa di quest’altro Abruzzo, illuminato di sapienza, di talento e di valori.
Goffredo Palmerini, com.unica 26 luglio 2021
*Nella foto in alto: L’Aquila, Palazzo dell’Emiciclo