[ACCADDE OGGI]

Un mistero mai chiarito l’esplosione del 14 settembre 2005 di una bomba a forte contenuto esplosivo nella Caserma dei Carabinieri di Latina che causò la morte dell’appuntato Alberto Andreoli. Immediatamente gli investigatori esclusero la probabilità dell’attentato tra le ipotesi formulate in ordine alla deflagrazione dentro l’ufficio denunzie della caserma “Cimarrusti” del capoluogo Pontino. L’ordigno, una bomba a mano dentro una scatola di metallo contenente forse altro materiale esplodente non era stato lanciato da fuori all’interno dell’ufficio che in quel momento registrava la presenza, oltre che dell’appuntato colpito a morte, anche di un carabiniere che restò gravemente ferito.

Ma allora come ci finì dentro quella stanza di una caserma dei carabinieri una bomba? Una domanda che dopo undici anni ancora aspetta una risposta. L’unica risposta certa a cui 10 anni di indagini fanno riferimento è nel fatto che a uccidere Andreoli e a ferire il suo collega fu un ordigno bellico già appartenuto alle forze armate della ex Iugoslavia quasi certamente di fabbricazione della Russia sovietica. Per il resto niente e niente sapremo giacché il procedimento penale contro ignoti è stato definitivamente archiviato dalla Magistratura della Città di fondazione.

Colpisce, al riguardo della misteriosa esplosione di undici anni fa nel Comando dei Carabinieri di Latina, la recente sentenza del Tribunale Civile di Roma adito dai familiari dell’Andreoli per vedersi riconosciuti dallo Stato, ritenuto colpevole di non vigilanza, il risarcimento per i danni subiti con la scomparsa del loro congiunto. Il Tribunale, rigettando la domanda del ricorrente Ministero della Difesa che addirittura sosteneva che a mettere la bomba nel cassetto della scrivania dell’appuntato deceduto sarebbe stata la vittima medesima, e accogliendo la domanda della vedova Andreoli ha condannato il Ministero della Difesa ha pagare una somma di quasi un milione di euro.

(Franco Seccia/com.unica, 14 settembre 2021)

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