27 gennaio 1945, il “Giorno della Memoria” perché i crimini non si ripetano
[ACCADDE OGGI]
“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. …” così recita agli articoli 1 e 2 la legge n. 211 del 20 luglio 2000 deliberata in Italia per ricordare la persecuzione del popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale. La legge in questione precedette di ben cinque anni la risoluzione 60/7 dell’ONU che, nelle parole del suo Segretario Generale Ban Ki-moon, ha il significato di dire al mondo: “mai più, con un occhio verso il ricordo di crimini del passato perché non si ripetano nel futuro”.
La data scelta, ma in Italia ci fu ampia discussione, fu quella del 27 gennaio che è il giorno di quando nel 1945 le truppe dell’Armata Rossa arrivarono ad Auschwitz e varcarono i cancelli del campo di concentramento con la famosa scritta “Arbeit macht frei- Il lavoro rende liberi” e trovarono un arido deserto che trasudava una tragedia fatta di atrocità al di sopra ogni immaginabile perversione umana: una tragedia che fuoriusciva dalle migliaia di indumenti abbandonati, dalle tonnellate di capelli umani imballati e dalle flebili e sconnesse parole dei circa 7.000 prigionieri rannicchiati nei loro pagliericci e che non festeggiarono per una liberazione a cui non credevano, a cui non potevano credere. Naturalmente, anche questo fu materia di scontro nell’imminente guerra fredda che si apriva tra le potenze vincitrici che ingaggiarono una frenetica lotta fatta di foto e di numeri gonfiati a dimostrazione della loro bravura nel perseguire il bene dell’umanità; umanità, una parola a cui le povere vittime di quell’orrore, milioni o migliaia poco importa, non attribuivano più alcun significato.
Il 27 gennaio resta il giorno della memoria perché i crimini del passato non si ripetano nel futuro anche se Israele celebra il giorno della memoria nel mese di Aprile, il giorno della vigilia di Pesach quando vi fu la rivolta del Ghetto di Varsavia. Colpisce e fa riflettere quanto scrive Franco Berardi Bifo, scrittore, filosofo e insegnante della sinistra extraparlamentare, sulla rivista “Alfabeta2”; egli si chiede cosa dovrà raccontare ai suoi alunni serali ed extracomunitari nel giorno della memoria e per farlo prende spunto da un’affermazione di un suo alunno senegalese che dice: “Ogni anno si fanno delle cerimonie per ricordare lo sterminio degli ebrei, ma gli ebrei non sono i soli che hanno subito violenza. Perché ogni anno dobbiamo stare lì a sentire i loro pianti quando altri popoli sono stati ammazzati ugualmente e nessuno se ne preoccupa?”. Il Berardi Bifo va giù nella solita ed anche comprensibile polemica contro gli ebrei dello stato di Israele che secondo lui stanno procedendo allo sterminio del popolo palestinese. Franco Berardi Bifo non si rende conto che ognuno può avere delle ragioni, persino i tedeschi pensarono di averle, ma predicare l’odio rende l’uomo preda dei più bassi istinti e neanche la “memoria” serve per ravvedersi.
(Franco Seccia/com.unica, 27 gennaio 2022)