20 luglio 1944, Operazione Valchiria
Luglio 1944. L’Europa è sfinita da cinque anni di guerra sanguinosa. La Germania, attanagliata a ovest dalle truppe anglo-americane e a est dalla Russia, era ormai sconfitta. Molti generali ritenevano necessario porre fine al conflitto e scendere a patti con gli Alleati. Rimaneva solo un ostacolo: Adolf Hitler. Il Fuhrer. Il “caporale Boemo”, come lo chiamava una certa aristocrazia militare. L’unica mossa possibile era di rimuoverlo dalla posizione di potere con un colpo di stato. A prendere questa ardua decisione un gruppo di ufficiali, che passeranno alla storia come “I Cospiratori”.
C’erano sentimenti di vergogna, disgusto, per come era stata condotta la guerra, per le atrocità compiute dai nazisti. La ribellione era ormai un doveroso atto d’onore. Nonostante il giuramento prestato, la voce della coscienza ebbe la meglio sulle regole dell’obbedienza. Per portare a termine l’operazione, chiamata Walküre, Valchiria, fu individuato un uomo, il tenete colonnello Claus Shenk Von Stauffenberg, da poco rientrato dalla guerra di Tunisia, in cui aveva perso l’occhio sinistro, due dita della mano sinistra e la mano destra. Trentasei anni, con una famiglia aristocratica alle spalle, era un uomo molto colto, raffinato, cattolico osservante. Un ufficiale pronto a tutto, pur di salvare la Germania. Si scelse di agire a Rastenburg, nella foresta di Gierloz, vicino al confine sovietico, dove si trovava il quartier generale di Hitler, il 20 luglio. Nella sala conferenze della “tana del lupo” erano presenti in tutto 24 persone. Nel piano iniziale avrebbero dovuto esplodere due bombe, ma Von Stauffenberg, rischiando di essere scoperto, riuscì ad innescarne solo una, che sistemò sotto il tavolo di quercia, accanto alla sedia di Hitler. Purtroppo la solerzia di un ufficiale, il colonnello Heinz Brandt, che la spostò per far sedere più comodo il Fuhrer, mandò a monte l’attentato. L’ordigno esplose alle 12.42, uccidendo quattro persone, tra cui lo stesso Brandt, e lasciandone ferite altre venti. Hitler si bruciò i pantaloni e riportò ustioni alle gambe, oltre a un danno al timpano dell’orecchio destro, ma sopravvisse. Le notizie si accavallarono, ci fu lentezza nel prendere decisioni importanti, nonostante l’appoggio dei mezzi corazzati di Guderian, i generali esitarono, non avviarono l’operazione Valchiria e le milizie non furono mobilitate secondo i piani di Von Stauffenberg. La cospirazione fu soffocata in un bagno di sangue, la sera stessa Von Stauffenberg, il generale Olbricht, il colonnello Von Quirnheim ed il tenente Von Haeften vennero arrestati e fucilati nel cortile del Bendlerblock, quartier generale dei cospiratori. Secondo lo storico Ian Kershaw, cinquemila persone, legate per parentela, amicizia o semplice conoscenza con i cospiratori furono arrestate dalla Gestapo e trasferite nei lager. Duecento furono giustiziate, impiccate con delle corde e poi appese ai ganci da macellaio. Quando finirono le corde, usarono quelle dei pianoforti. I partecipanti al complotto furono sommariamente giudicati dal Tribunale del Popolo, con processi- farsa brevissimi tra il 7 e l’8 agosto 1944, senza difesa, costretti a sfilare con abiti informi e malridotti, senza cinture a tenere su i pantaloni.
Per sfuggire al processo e all’umiliazione, il feldmaresciallo Von Kluge ed i generali Wagner e Von Tresckow si suicidarono. Durante un interrogatorio fu fatto il nome del feldmaresciallo Erwin Rommel, che era a conoscenza della cospirazione. Nonostante non ci fosse stata una partecipazione attiva da parte sua nel complotto, il 14 ottobre 1944 Rommel fu costretto a suicidarsi. Tutte le esecuzioni furono filmate minuziosamente e mostrate a Hitler, che aveva voluto vedere i cospiratori appesi come animali al macello.
Oggi a Berlino, nel luogo dove furono eseguite le sentenze di morte, la prigione di Plötzensee, c’è un museo commemorativo per le vittime del processo.
“È ora che si faccia qualcosa. Ma colui che oserà agire deve rendersi conto che entrerà probabilmente nella storia tedesca con il marchio del traditore. Se tuttavia rinuncerà ad agire, si ritroverà ad essere un traditore davanti alla propria coscienza” (Colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, lettera alla moglie).
(Nadia Loreti, com.unica 20 luglio 2020)