La mostra per i quarant’anni dell’opera. L’Aquila, Palazzo Margherita d’Austria – 23 luglio 2024, ore 17:00

di Goffredo Palmerini

L’AQUILA – Sarà inaugurata martedì 23 luglio, alle ore 17:00, nell’Aula del Consiglio comunale dell’Aquila, a Palazzo Margherita d’Austria, la mostra “Il Murale di Fulvio Muzi nell’Aula del Consiglio Comunale dell’Aquila”, per ricordare il pittore Fulvio Muzi (1915-1984) e celebrare i quarant’anni dell’opera. L’Associazione ArteImmagine “Fulvio Muzi”, in collaborazione con la Municipalità, ha promosso e organizzato la Mostra documentaria che espone gli studi dell’Artista, i bozzetti preparatori, le foto dell’esecuzione dell’opera e altri documenti. Interverranno all’evento inaugurale Roberto Santangelo – Presidente del Consiglio comunale, Paolo Muzi – Presidente dell’Associazione Arteimmagine “Fulvio Muzi”, Barbara Olivieri Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre.

Murale Fulvio Muzi (ph.Palmerini 2007)

Il Murale di Palazzo Margherita venne commissionato a Fulvio Muzi tra i più importanti esponenti del realismo espressionista italiano – dall’allora sindaco dell’Aquila Tullio de Rubeis e inaugurato nel giugno1984, in occasione del 40° anniversario della Liberazione della città dall’occupazione nazista. Per l’occasione è stato pubblicato il volume “Il Murale di Fulvio nell’Aula del Consiglio Comunale dell’Aquila” con testi introduttivi del Sindaco Pierluigi Biondi e del Presidente del Consiglio Comunale Roberto Santangelo, la presentazione di Paolo Muzi, la prefazione del critico d’arte Antonio Gasbarrini, i saggi critici di Barbara Olivieri sugli elaborati preparatori e di Enrico Crispolti sull’opera.

Il volume è arricchito da una testimonianza del 1995 di Antonio Centi (sindaco dell’Aquila 1994-98), e dalle interviste rilasciate nel 2006 da Vittorio Agnelli, Alessandro Clementi, Pasquale De Carolis, Luciano Fabiani, Silvano Fiocco, Marcello Mariani, Berardino Marinucci, Augusto Pelliccione, Massimina Pesce, Walter Tortoreto, Giovanni De Sanctis, Federico Brini. Infine il volume reca una testimonianza di chi qui scrive che, all’epoca della realizzazione dell’opera, era assessore comunale nella Giunta guidata da Tullio De Rubeis. Se può essere d’interesse, di seguito la testimonianza che ricorda Fulvio Muzi e quegli anni che portarono alla realizzazione dello suo splendido Murale nell’Aula consiliare di Palazzo Margherita.


TESTIMONIANZA PER FULVIO MUZI

Con un qualche senso di apprensione, che tuttavia avverto come un privilegio, mi accingo a scrivere questo modesto contributo in ricordo di Fulvio Muzi, aquilano di specchiate virtù civiche, ricorrendo 40 anni dall’inaugurazione dell’opera murale che l’insigne artista dipinse nell’Aula consiliare del Comune, a Palazzo Margherita d’Austria. Inaugurato il 20 giugno 1984, lo splendido dipinto murale che orna due pareti dell’Aula, richiamando i valori della libertà, della rinascita della città, della prosperità e della pace, come e più di allora indica i fondamenti più profondi su cui poggia la nostra Costituzione e le riconquistate libertà democratiche, proprio conservando memoria di quel 13 giugno 1944 quando L’Aquila fu liberata dal nazifascismo.

F. Muzi – Contadini dell’Aquilano,1953

È dunque commendevole che la civica Amministrazione abbia scelto di valorizzare il Murale di Fulvio Muzi, un’opera d’arte di così ampia dimensione nel luogo più alto e simbolico dell’Istituzione e della rappresentanza democratica per i cittadini aquilani, con una Mostra dal 15 al 30 luglio 2024 – documenti, fotografie, alcuni studi dell’opera, tre grandi bozzetti, alcuni scatti durante l’esecuzione del dipinto murale, articoli di stampa dell’epoca – allestita nella sala che precede l’ingresso all’Aula consiliare. Un tributo alla memoria di Fulvio Muzi, nel quarantennale della sua scomparsa, il 12 agosto 1984, ma soprattutto un omaggio all’intera comunità che, grazie all’iniziativa, potrà meglio apprezzare il Murale sentendolo come patrimonio di tutti gli aquilani e come uno dei più preziosi cespiti d’arte dell’Aquila, Capitale italiana della Cultura 2026.

Ho avuto l’onore di servire la comunità aquilana per lunghi anni, in Consiglio comunale e in Giunta, più volte, per sei mandati e per complessivi 28 anni. Entrai nell’Aula consiliare ancora disadorna, eletto la prima volta nel 1975, sindaco il Sen. Ubaldo Lopardi. Conoscevo già Fulvio Muzi e la sua fama d’artista di talento, e nutrivo per lui, quando di rado c’era occasione d’incontrarlo, un rispetto ispirato al suo portamento austero, che tuttavia non perdeva la semplicità, alla sua discrezione che però non lo faceva apparire distante. Anzi, quel suo volto così scolpito e significativo aveva la grazia di due occhi mobili, espressivi, che sapevano parlare. Lo salutavo con ammirazione, non avendo ancora quella conoscenza che consente il colloquio confidenziale.

Cosa che invece avvenne nel 1980. Quell’anno, dopo le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale, tutto fu più sollecito del solito rispetto alle trattative consuetamente lunghe tra partiti per raggiungere un’intesa per la costituzione dell’Amministrazione. Il 30 di agosto papa Giovanni Paolo II sarebbe venuto in visita pastorale all’Aquila, per il 6° Centenario della nascita di San Bernardino. La città non poteva essere ancora priva della sua rappresentanza e infatti il 26 agosto il Consiglio comunale eleggeva il sindaco, Tullio de Rubeis, e i componenti della Giunta. Tra gli assessori eletti anche chi scrive. Il sindaco mi conferì la delega all’Urbanistica, un settore delicato ed impegnativo, specie dopo l’intensa stagione della pianificazione urbanistica e l’approvazione del PRG avvenuta due anni prima. Quella lunga e complessa fase di consultazione, redazione e approvazione del Piano Regolatore Generale aveva comportato l’accumularsi di una notevole mole di progetti, per concessioni edilizie da valutare ed autorizzare. Un rilevante lavoro per gli uffici e per la Commissione Edilizia, il cui esame e parere era obbligatorio per il rilascio della concessione. Dopo alcuni giorni dalla costituzione dell’Amministrazione il Consiglio comunale provvide a votare, tra le altre nomine, anche i componenti della Commissione Edilizia. Tra questi Fulvio Muzi, indicato per le sue sensibilità in campo architettonico e nell’ornato.

Murale Fulvio Muzi (ph.Palmerini 2007)

Fu così che conobbi davvero bene Fulvio Muzi, come persona e come uomo delle Istituzioni attento ai bisogni della comunità. In quella Commissione, che presiedevo in quanto assessore all’Urbanistica, Fulvio era un punto di riferimento, un saggio, sia nell’applicazione delle norme che nell’attenzione agli aspetti architettonici e d’ornato delle proposte progettuali. In quei sette mesi in cui guidai l’assessorato – a marzo 1981 passai ai Lavori Pubblici – facendo frequenti e lunghe sedute, molto di quel lavoro arretrato fu smaltito e furono rilasciate numerose concessioni. Forte lo spirito di collaborazione che si era stabilito tra i funzionari dell’assessorato e la Commissione. Conobbi quindi Fulvio nel lato più quotidiano, nella sua capacità di stemperare, con l’ironia e la simpatia, l’assillo dell’impegno. Con lui faceva da pendant un altro componente, l’avv. Giovanni Leopardi, ad alleggerire le lunghe faticose serate della Commissione. Restano nel mio ricordo un paio di memorabili serate conviviali, ricche di aneddoti e racconti di varia umanità. Entrò tra noi un’amicizia vera e la mia stima verso l’uomo e l’artista si consolidò fortemente, anche sul piano confidenziale.

Avemmo occasione di incontrarci di frequente, in Comune, anche quando lasciai la presidenza della Commissione per andare ai Lavori Pubblici, i cui uffici erano contigui a quelli dell’Urbanistica, al secondo piano di Palazzo Margherita. Ho avuto con il sindaco de Rubeis, don Tullio come affettuosamente lo chiamavo, un forte rapporto personale. È stato il mio maestro, nella mia giovane esperienza di pubblico amministratore. Aveva piena fiducia nei miei confronti e ogni giorno in tarda mattinata mi chiamava per parlare delle questioni amministrative più cogenti. La sua esperienza, al suo terzo mandato da sindaco, era davvero straordinaria. Quando mi chiedeva un parere su questioni di rilievo, cercavo talvolta di declinare l’invito di fronte alla sua saggezza amministrativa e politica, ma egli insisteva affermando che gli interessava il parere di un giovane da confrontare con il suo pensiero. In questo rapporto così assiduo, nei cinque anni passati nell’Amministrazione da lui guidata, e così denso di reciproca fiducia, tante sono state le confidenze e le valutazioni che don Tullio in assoluta riservatezza mi ha condiviso, persino volendomi accanto in incontri riservati assai importanti.

Nel 1982, nel frattempo diventato assessore alle Finanze, al Castello Cinquecentesco fu allestita una grande Mostra antologica di Fulvio Muzi, la prima. Una Personale di grande significato che esponeva opere realizzate in mezzo secolo d’impegno artistico. L’esposizione fu realizzata con il concorso di tutte le Istituzioni pubbliche, in primis la Municipalità aquilana. L’inaugurazione vide una grande partecipazione di autorità e di cittadini aquilani, come pure la cerimonia di finissage. Un vero successo di pubblico e di critica. Fu in quella occasione, a chiusura dell’esposizione, che il sindaco de Rubeis pensò di chiedere a Fulvio Muzi di realizzare qualcosa per la città, come lo stesso Artista riferirà un anno dopo in un’intervista rilasciata al quotidiano il Messaggero. In effetti don Tullio non indugiò molto nel comunicare alla Giunta la sua intenzione, trovando unanime consenso specie dopo aver condiviso l’idea di incaricare Fulvio Muzi per realizzare una pittura murale nell’Aula consiliare “per conferire alla stessa una dignità estetica che attualmente, purtroppo, non si registra per la presenza di pareti disadorne”. In una lettera del 25 gennaio 1983 così il sindaco scriveva all’Artista, comunicandogli peraltro che l’indicazione degli assessori era stata unanime, ritenendo “… che solo Fulvio Muzi, per la sua passionalità di partecipazione pittorica, può imprimere all’opera da realizzare una impronta di potente espressività degna del luogo”.

C’è solo da immaginare quale sia stato per Fulvio Muzi il tumulto dei sentimenti provati, l’emozione, l’onore e l’orgoglio di ricevere un incarico così rilevante sul piano dei valori morali e civili, per la realizzazione di un’opera d’arte nel luogo simbolo della democrazia civica e della rappresentanza dell’intera comunità aquilana. Egli artista di forte tensione morale, di grande passione sociale e politica, e soprattutto di alto senso delle Istituzioni. Egli che aveva servito la città come Consigliere comunale. In quell’intervista, pubblicata il 31 gennaio 1984 sul Messaggero, a domanda su quando fosse maturato il progetto, Muzi così rispondeva: “Non lo so. So che il sindaco mi si è avvicinato durante la cerimonia conclusiva della mia personale al Castello cinquecentesco e mi ha detto: perché non fai qualcosa per la città? Lì per lì sono rimasto sconcertato… poi mi ha chiarito che intendeva propormi l’occasione di un’opera da lasciare alla città…”. E ancora “Mi hanno detto: abbiamo la sala consiliare, te l’affidiamo. Fa’ ciò che vuoi. Mai, dico mai, mi sarei aspettato un’offerta del genere. E ne sono rimasto profondamente colpito. Mi è tornata una voglia ansiosa di fare, ho cominciato a buttar giù bozzetti su bozzetti. Prima che qualunque atto fosse formalizzato nel rapporto con l’amministrazione. La fiducia mostratami era più che sufficiente”. E alla domanda se avesse ricevuto consigli, suggerimenti o pressioni per il soggetto, rispondeva: “Nulla, assolutamente nulla. Mi sono state consegnate delle pareti bianche e sulle pareti ho espresso ciò che sentivo… Un’esperienza che mi ha entusiasmato”.

In effetti il maestro Muzi s’era subito messo all’opera nella preparazione dei bozzetti, disegni a matita o a carboncino, in scala ridotta. Ero presente quella volta che, nello studio del sindaco, egli srotolava alcuni bozzetti da mostrare, prima che nell’Aula consiliare si allestisse il cantiere con l’impalcatura a lui necessaria per realizzare l’opera. Fu nell’autunno del 1983 che l’Aula, smontata degli scranni e della pannellatura in legno di noce, attrezzata con i necessari ponteggi, fu consegnata all’artista insieme alle chiavi della porta d’accesso. L’Artista ne fece quasi una cappella “laica”, dove solo lui potesse entrare a lavorare, in un rigoroso isolamento artistico. Nessuno ebbe da lui il permesso di accedervi.

Posso ora confessare che in un paio di occasioni, avvicinandosi il completamento del Murale, potei entrare nell’aula insieme al sindaco de Rubeis e ad Errico Centofanti, ad ammirare l’avanzamento dell’opera. Un eccezione e un privilegio. Non credo ci siano stati altri a godere di tale anticipazione, forse un funzionario comunale per controlli sui lavori necessari per la riapertura dell’aula ed un amico dell’Artista che documentava con scatti fotografici la progressione del lavoro. Muzi stesso confermava che stessero nelle dita di una mano gli ammessi all’aula durante il suo lavoro di realizzazione dell’opera d’arte. Che non si limitò al solo Murale, ma anche nella scelta del colore, delle luci e del riallestimento degli scranni in noce, nel frattempo inviati al restauro. Per farne, come Muzi affermava, “non una sala-museo, ma la sala della città, dell’assemblea cittadina”, recuperandola al nuovo ruolo di finestra culturale della città.

Intanto, in previsione della ricorrenza del Quarantennale della Liberazione dell’Aquila, tempestivamente la Municipalità – accompagnando analoga iniziativa del Sen. Alvaro Jovannitti, anche Consigliere comunale – aveva rivolto invito al Presidente della Repubblica Sandro Pertini per una visita alla città il 13 giugno 1984, nel corso della quale l’Aula consiliare avrebbe avuto la riapertura inaugurale in presenza del Capo dello Stato. La visita del Presidente Pertini, in un primo momento programmata in giugno, era stata poi, per sopravvenute difficoltà, spostata in altra data, d’intesa con la Presidenza del Consiglio Regionale d’Abruzzo, e infine realizzata il 28 marzo 1985, in una giornata rimasta memorabile.

Tornando alla tarda primavera dell’84, quando ormai il Murale era completato, come pure i lavori di finitura dell’Aula – tinteggiature, luci e sistemazione degli arredi lignei – il sindaco de Rubeis, preso atto del rinvio della visita del Capo dello Stato, scriveva una lettera a Fulvio Muzi, datata 1° giugno, con la quale gli annunciava che la Giunta, nell’ambito della celebrazione del Quarantennale della Liberazione, manteneva fermo l’impegno della riapertura della rinnovata Aula del Consiglio Comunale – che nei mesi dei lavori aveva tenuto le sedute presso l’Aula del Consiglio provinciale, in Prefettura. “Il rinvio della visita del Presidente della Repubblica – annotava tra l’altro il sindaco – non può infatti sminuire il valore d’una ricorrenza i cui significati, storici e di prospettiva, sono così ben espressi attraverso il Tuo magnifico lavoro sulle pareti dell’Aula della massima espressione democratica della Città Pensiamo perciò di tenere comunque la seduta solenne del Consiglio Comunale nella sede sua propria nel pomeriggio di mercoledì 13.”

Non ricordo ora il motivo e la causa che fecero invece tenere la seduta solenne non il 13, ma il 20 giugno, probabilmente la complessa organizzazione della giornata, che vide un’ampia partecipazione di tutte le rappresentanze istituzionali e delle autorità della città. Molti i messaggi giunti dalle città amiche dell’Aquila – Roma, Napoli, Siena, Assisi, ma anche Lione ed Avignone, oltre ai capoluoghi abruzzesi – con le quali s’era stabilito un forte rapporto di amicizia durante l’edizione 1983 della Perdonanza Celestiniana, la prima del progetto di “rivitalizzazione” deciso dal sindaco Tullio de Rubeis e dalla sua Amministrazione e curato da Errico Centofanti.

Fu una seduta inaugurale solenne, con grandi emozioni. Nell’intervento d’apertura il sindaco de Rubeis, nel sottolineare il valore artistico e civico del Murale, proprio riguardo alla Liberazione dell’Aquila dal nazifascismo, richiamava le sofferenze degli aquilani durante l’occupazione tedesca: i 9 Martiri Aquilani, le stragi di Filetto e di Onna, la lotta per la riconquista delle libertà democratiche. Esprimeva quindi la gratitudine dell’intera città e dell’Amministrazione a Fulvio Muzi che così magistralmente aveva saputo esprimere i sentimenti di libertà, di rinascita, di progresso, di anelito alla solidarietà e alla pace propri della Città e della comunità aquilana. Altrettanto profondi gli interventi dei capigruppo consiliari (Alvaro Jovannitti per il Pci, Ettore Pietrosanti per il Pri, Biagio Tempesta per il Msi, Fabrizio Pica Alfieri per il Psdi ed Enzo Gentile per la Dc), la loro ammirazione per l’opera e per il suo significato, il ringraziamento all’Artista. Un applauso corale e commosso l’intero Consiglio Comunale e le autorità e il pubblico, alzandosi in piedi, avevano tributato all’Artista quando il sindaco Tullio de Rubeis consegnava a Fulvio Muzi la più alta onorificenza civica, la medaglia in argento fedele riproduzione dell’antico sigillo del Primo Magistrato aquilano.

Fulvio Muzi non aveva dissimulato la sua emozione. Si può solo immaginare l’intensità dell’intima sua commozione nell’aver avuto l’onore di impreziosire con la sua arte l’Aula consiliare, nel lasciare sui muri di quel luogo altamente simbolico l’impronta della sua pittura, quelle scene metaforiche che al dolore e alla sofferenza fanno seguire la lotta di liberazione, quindi la ricostruzione dalle rovine della guerra, il cammino verso la rinascita e la speranza in un futuro di pace. Deve essere stato per Muzi il più bel dono che la città potesse fargli, incaricarlo di realizzare quella straordinaria opera dal forte significato simbolico e morale. Egli che a quell’opera aveva dato tutto se stesso, con la passione e il talento artistico che avevano connotato l’intera sua vita, che di lì a due mesi si sarebbe spenta, il 12 agosto 1984 all’età di 69 anni. Era nato a L’Aquila il 17 gennaio 1915.

Quella sua opera d’arte, così intensa ed espressiva, avrebbe destato l’ammirazione del Presidente Pertini, nella sua visita alla città il 28 marzo 1985. E alcuni mesi dopo, a un anno dalla scomparsa dell’artista, il 12 agosto si sarebbe tenuta nell’Aula consiliare una commemorazione dell’Artista, una cerimonia semplice e breve, come Lui avrebbe voluto, nel corso della quale il sindaco de Rubeis aveva ripercorso la genesi e il compimento del Murale. Dopo la cerimonia, cui aveva assistito la famiglia dell’Artista, fu consegnato un quaderno sul Murale, con la riproduzione fotografica dei particolari dell’opera realizzata da Fulvio Muzi, dov’era riportato il discorso pronunciato il 28 marzo dal sindaco, rivolto al Presidente della Repubblica, e un saggio del critico d’arte Enrico Crispolti.

Nel saggio Crispolti asseriva come Fulvio Muzi nel Murale intendesse rappresentare “…la vicenda civile che corre dalla guerra e dall’oppressione straniera e fascista alla insurrezione e liberazione, alla ricostruzione, alla nuova vita e ad un’apertura piena di speranza verso il futuro. La figurazione è tesa, espressionista, si realizza in un cromatismo neutro, di grigi, di neri, non soltanto secondo i modi prevalenti in queste ampie proposizioni figurative nella ricerca del pittore, ma certamente come allusivo di una sorta di collocazione appunto ‘storica’, in dimensione di consegnata memoria, di quelle vicende emblematicamente significanti, e in termini drammatici”. Chiudevano il quaderno una testimonianza di Errico Centofanti e un contributo del figlio dell’artista, Paolo Muzi.

La programmata Mostra dal 15 al 30 luglio 2024 sul Murale di Fulvio Muzi nell’Aula consiliare del Comune dell’Aquila, nel quarantennale della sua realizzazione, è un evento fondamentale per meglio far conoscere quella splendida opera d’arte, il suo significato civile, il profondo messaggio di valori imperituri destinato a tutti i cittadini aquilani. Specialmente alle giovani generazioni, verso le quali l’Artista, come docente nella Scuola Statale d’Arte che egli aveva contribuito a far nascere a L’Aquila – ora diventata Liceo Artistico intitolato a suo nome -, aveva una singolare capacità di comunicazione e dialogo. Contribuirà certamente a far diventare patrimonio di tutti quell’opera d’arte di Muzi, creata al culmine della vita dal grande Artista, quasi un lascito d’una eredità morale e civile a tutti gli aquilani. Di Lui, specie i giovani, potranno apprezzare la grande umanità, l’amore per la Città, la forte testimonianza artistica e civile che ci ha consegnato, il contributo rilevante reso alla nascita e al consolidamento delle prestigiose istituzioni culturali aquilane.

Fulvio Muzi era nato a L’Aquila il 17 gennaio 1915 da una famiglia artigiana, il padre ebanista e la madre dedita a lavorare l’antica arte aquilana del tombolo. Mostrò le sue notevoli doti nella pittura sin da ragazzo, formatosi nella Scuola d’Arti e Mestieri “Teofilo Patini”, tanto da risultare vincitore, con la sua opera “Autoritratto”, alla seconda Mostra interprovinciale di Belle Arti Abruzzo e Molise tenutasi all’Aquila nel 1935. Caporal maggiore durante la Seconda Guerra mondiale, combatté in Grecia e fu gravemente ferito. All’indomani dell’8 settembre 1943, da subito scelse di combattere contro il nazifascismo, prendendo parte alla lotta nella Resistenza greca, fino alla liberazione di Atene dalle forze armate tedesche. Rientrato a L’Aquila dopo la fine della guerra, aderì al Partito comunista italiano.

Sin dai primi mesi del dopoguerra partecipò alla costituzione del Gruppo Artisti Aquilani – Vivio Cavalieri, Amleto Cencioni, Giuseppe Centi, Pio Iorio, Francesco Paolo Mancini, Fulvio Muzi, Fulvio Nardis, Silvio Santoro –, sodalizio che collaborò alla fondazione delle più importanti istituzioni culturali aquilane (Società dei Concerti, Istituto d’Arte, Teatro Stabile dell’Aquila) sorte nei primi anni del dopoguerra, negli anni Cinquanta e Sessanta, e alla promozione di importanti manifestazioni culturali, tra cui la “Biennale d’arti figurative Abruzzo e Molise” e soprattutto la rassegna internazionale di pittura – scultura – grafica “Alternative Attuali” nelle sue varie edizioni.

Significativa la sua attività artistica e la partecipazione a numerose mostre collettive, intramezzata dall’impegno anche come provetto restauratore d’arte in edifici monumentali religiosi e civili in diverse città italiane, tra cui le chiese di Santa Prassede a Roma, San Lorenzo a Torino), San Francesco ad Assisi, il Duomo ad Orvieto, e in Abruzzo le chiese di San Pietro ad Oratorium a Capestrano e Santa Lucia a Rocca di Cambio, la Collegiata a Pescocostanzo, la Cattedrale a Sulmona, la chiesa di San Silvestro a L’Aquila. Intensa la partecipazione a Mostre e ad importanti Premi nazionali d’Arte.

Fulvio Muzi ha lasciato una traccia profonda nella vita culturale, civile, sociale ed istituzionale della Città. Pur nella sua indole riservata, che rifuggiva dalle apparenze, l’essenza della sua Arte, della sua cultura profonda mai ostentata, del suo trasparente impegno politico e sociale, del suo servizio disinteressato reso nelle Istituzioni, del suo insegnamento offerto da docente a tanti giovani aquilani, costituiscono una preziosa eredità per la Città che egli tanto ha amato. Resterà uno degli esempi più alti e meritori di cui L’Aquila conserverà duratura e grata memoria.

*Nella foto in alto Fulvio Muzi e Tullio de Rubeis (Inaugurazione Murale 20-6-1984) – Copia

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