Il Nobel per l’Economia Acemoglu: il potere dei miliardari tech e il prezzo della disuguaglianza
Daron Acemoglu spiega come la ricchezza e il potere dei giganti tech stanno ridefinendo il nostro sistema sociale e politico, mettendo a rischio il futuro della democrazia
In un recente articolo pubblicato su Project Syndicate, l’economista Daron Acemoglu riflette sul ruolo crescente e problematico della ricchezza nella società contemporanea, in particolare negli Stati Uniti, esplorando l’impatto che miliardari tecnologici come Elon Musk, Bill Gates e Mark Zuckerberg hanno sulla società e la politica.
Daron Acemoglu, professore al MIT, ha recentemente vinto il Premio Nobel per l’Economia 2024 insieme ai colleghi James Robinson e Simon Johnson, per il loro lavoro pionieristico sul legame tra istituzioni politiche e crescita economica. In particolare gli studi condotti da Acemoglu e Johnson, raccolti in opere come Why Nations Fail e Power and Progress, hanno dimostrato come le istituzioni economiche e politiche siano essenziali per la prosperità delle nazioni, ma possano anche causare disuguaglianze e stagnazione se mal strutturate o sfruttate a vantaggio di pochi.
L’articolo del Project Syndicate, intitolato Escaping the New Gilded Age (Fuggire dalla nuova età dell’oro), affronta un tema centrale: la ricchezza non solo è diventata il principale indicatore di status sociale, ma è anche associata a un potere crescente, che va ben oltre il campo economico. Secondo Acemoglu, questa dinamica ha delle radici storiche che risalgono almeno all’epoca dei “robber barons” della Gilded Age americana, ma oggi è esacerbata dalla tecnologia e dalla cultura di massa. Egli sottolinea come i miliardari tecnologici siano percepiti come “geni imprenditoriali” dotati di creatività, audacia e lungimiranza, ma avverte che “la ricchezza è un misuratore insufficiente della saggezza”.
In particolare, Acemoglu evidenzia il concetto di “potere di persuasione”, un termine che lui e Simon Johnson avevano esplorato nel loro recente libro Power and Progress. Questo tipo di potere non deriva dalla forza fisica o militare, ma piuttosto dallo status e dal prestigio sociale. Negli Stati Uniti, questo status è fortemente legato al denaro e alla ricchezza, un fenomeno che ha portato a una competizione a somma zero, dove “più status per voi significa meno status per il vostro vicino”. In altre parole, la ricerca del potere e del prestigio da parte dei ricchi non contribuisce al benessere collettivo, ma alimenta una crescente disuguaglianza e una società più divisa.
Acemoglu esplora anche il lato pericoloso di questa dinamica, paragonando la situazione odierna a quella di figure storiche come Ferdinand de Lesseps, l’ingegnere responsabile della costruzione del Canale di Suez. Dopo il suo successo, Lesseps utilizzò il suo status per lanciare un altro progetto, quello del Canale di Panama, che si rivelò un fallimento catastrofico. Questo, secondo Acemoglu, è un esempio di come “il potere di persuasione può rendere arroganti, sfrenati, dirompenti e socialmente odiosi”. Il parallelo con i miliardari di oggi è evidente: molti di loro, grazie alla loro ricchezza, si sentono in diritto di intervenire su questioni critiche, ma spesso lo fanno senza la competenza necessaria, con conseguenze potenzialmente dannose per la società.
Un altro aspetto cruciale dell’analisi di Acemoglu riguarda la disuguaglianza creata da un sistema economico che favorisce i “vincitori assoluti”. Il settore tecnologico, in particolare, è stato plasmato da dinamiche di mercato che premiano enormemente un piccolo gruppo di attori, portando alla concentrazione della ricchezza in un numero sempre più ridotto di mani. Acemoglu sottolinea che questa situazione non è inevitabile, ma è il risultato di decisioni politiche ed economiche precise, tra cui una tassazione inadeguata dei più ricchi. Egli scrive che “se il settore tecnologico non fosse diventato così centrale per l’economia e se non fosse guidato da una dinamica così forte di ‘winner-take-all’, i magnati della tecnologia di oggi non sarebbero diventati così ricchi”.
L’articolo di Acemoglu non si limita a una critica del sistema attuale, ma propone anche delle soluzioni. Prima di tutto, egli sottolinea la necessità di limitare il potere dei miliardari attraverso strumenti istituzionali più forti, che includano una regolamentazione più severa e una tassazione più equa. In secondo luogo, sostiene che la società dovrebbe rivalutare i propri valori e cominciare a riconoscere e premiare i contributi di coloro che non possiedono grandi fortune. Questo implica una riconsiderazione del significato stesso di successo e prestigio. “Dobbiamo iniziare a parlare seriamente di ciò che dovremmo valorizzare e di come riconoscere e premiare i contributi di coloro che non hanno grandi fortune”.
Infine, Acemoglu mette in guardia contro il pericolo di amplificare ulteriormente la voce di coloro che già detengono una posizione di privilegio. L’acquisto di Twitter (ora X) da parte di Elon Musk, ad esempio, è un caso emblematico di come i miliardari possano ottenere ancora più potere, trasformando una piattaforma di comunicazione in un veicolo per promuovere i propri interessi personali. “L’ultima cosa che dovremmo volere è dare loro tribune pubbliche ancora più grandi”, avverte Acemoglu, sottolineando la necessità di trovare un equilibrio tra libertà di espressione e responsabilità sociale.
Sebastiano Catte, com.unica 19 ottobre 2024