Attraverso i loro investimenti in attività inquinanti, l’uso di jet e super yacht privati, in media i miliardari presi in esame nel report emettono, in soli 90 minutipiù CO2 di quanta ne produce il cittadino medio del pianeta nell’arco della sua intera vita.
È quanto denuncia Oxfam in un nuovo rapporto, diffuso alla vigilia della Cop29, in programma a Baku in Azerbaijan dall’11 novembre.
“Esponenti dei gruppi socio-economici più ricchi hanno maggiori responsabilità, con i propri stili di vita, consumi e scelte di investimento, per l’aggravarsi della crisi climatica. – sottolinea Francesco Petrelli, portavoce di Oxfam Italia – Inoltre, le risorse di cui dispongono garantiscono loro maggiori resilienza e capacità di mitigazione degli impatti avversi dei cambiamenti climatici. Allo stesso tempo milioni di persone che hanno responsabilità ridotte per il collasso climatico ne subiscono le conseguenze più nefaste soprattutto nei contesti più poveri e meno attrezzati per resistere ed adattarsi agli eventi climatici estremi, sempre più frequenti, intensi ed imprevedibili”.
Con gli attuali livelli di emissioni, il “bilancio di carbonio” – ovvero l’ammontare massimo di emissioni globali cumulative nette di CO2 in atmosfera, che permette di contenere l’aumento delle temperature entro 1,5°C rispetto all’era preindustriale – si esaurirebbe entro 4 anni.
Lo scenario da preoccupante diventerebbe catastrofico e il “bilancio di carbonio” verrebbe “prosciugato” in appena 5 mesi, se le emissioni pro-capite si attestassero al livello di quelle odierne dell’1% più ricco del pianeta. Ci vorrebbero soli 2 giorni se tutti i cittadini del globo usassero jet e yacht privati, come quelli a disposizione dei più ricchi miliardari considerati nel rapporto.

I SUPER-RICCHI E IL COLLASSO CLIMATICO
Dall’analisi condotta da Oxfam risulta che un miliardario tra i 23 più ricchi del mondo ha volato, in media, 184 volte su un jet privato nel 2023, trascorrendo 425 ore in volo e producendo una quantità di emissioni di CO2 in atmosfera pari a quanto un cittadino medio emetterebbe in 300 anni. Nello stesso periodo, gli yacht di 18 miliardari hanno rilasciato una quantità di anidride carbonica pari alle emissioni cumulate in 860 anni da parte del cittadino medio a livello globale.
Alcuni esempi: in 12 mesi i due jet privati di Jeff Bezos hanno trascorso quasi 25 giorni in volo e hanno emesso una quantità di CO2 pari a quella che un dipendente statunitense medio di Amazon emetterebbe in 207 anni; Carlos Slim ha effettuato 92 viaggi con il suo jet privato, coprendo una distanza pari a cinque volte il giro del mondo; la famiglia Walton, erede della catena di negozi Walmart, possiede tre super yacht che in un anno hanno prodotto una quantità di CO2 equivalente a quella di cui sono responsabili circa 1.714 lavoratori di Walmart; le emissioni prodotte in tre giorni di navigazione da un super-yacht di uno dei miliardari italiani più ricchi equivalgono a quelle che una persona appartenente all’1% più povero del mondo produce in tutta la sua vita.
Le emissioni dovute allo stile di vita dei super-ricchi sono fuori controllo, ma le emissioni associate ai loro investimenti sono ancora più elevate. L’impronta di carbonio media del portafoglio finanziario di un miliardario analizzato nel rapporto è circa 340 volte superiore all’emissione media dei suoi jet privati e super-yacht.
Quasi il 40% degli investimenti dei miliardari analizzati nella ricerca di Oxfam riguarda infatti industrie altamente inquinanti: petrolio, miniere, trasporti marittimi e cemento. Se investissero in fondi a bassa intensità di carbonio, le loro emissioni da investimento sarebbero 13 volte inferiori a quelle attuali.

L’AUMENTO DI DISUGUAGLIANZE, FAME E VITTIME DOVUTE ALLA CRISI CLIMATICA
Considerando le emissioni prodotte dall’1% più ricco del mondo a partire dal 1990, il rapporto di Oxfam dettaglia le devastanti conseguenze dello status quo in tre ambiti specifici:
Aumento delle disuguaglianze globali: le emissioni attribuibili all’1% più ricco del mondo hanno prodotto un calo del PIL globale per 2.900 miliardi di dollari dal 1990 ad oggi. Se la tendenza persiste, l’impatto maggiore si avrà nei Paesi meno responsabili per il dissesto climatico. Mentre le economie avanzate saranno interessate al più da perdite contenute, i Paesi a basso e medio-basso reddito vedranno il proprio PIL aggregato contrarsi di circa il 2,5% nel 2050 rispetto al livello del 1990. L’Asia meridionale perderà il 3%, il Sud-Est asiatico e l’Africa subsahariana il 2,4%.
Crescita della fame: le emissioni dell’1% più ricco hanno causato, tra il 1990 e il 2023, perdite di raccolti che avrebbero potuto fornire cibo sufficiente a sfamare 14,5 milioni di persone all’anno. Tra il 2023 e il 2050 il numero di persone a rischio di malnutrizione cronica salirà a 46 milioni all’anno, con la regione dell’America Latina e dei Caraibi a subire gli effetti più duri (9 milioni di persone a rischio fame all’anno fino al 2050).
Vittime dovute alla crisi climatica: il 78% dei decessi in eccesso dovuti al caldo fino al 2120 si verificherà nei Paesi a basso e medio-basso reddito.

L’APPELLO AI GOVERNI IN VISTA DELLA COP 29
“Il costo del riscaldamento globale continuerà a crescere e, a meno di una seria inversione di rotta, rischiamo di avvicinarci pericolosamente al punto di non ritorno climatico – aggiunge Petrelli – Dalla COP29 devono arrivare impegni politici precisi per la riduzione delle emissioni climalteranti, ma anche finanziamenti adeguati perla copertura dei danni arrecati dagli eventi climatici avversi, soprattutto nei Paesi del Sud globale. Serve altresì una strategia coerente di investimenti in grado di favorire una transizione ecologica giusta”.
In vista della COP29, Oxfam chiede in particolare ai governi di: accelerare il phasing out dai combustibili fossili e il passaggio a tecnologie a zero o basse emissioni, aggiornando coerentemente e in modo ambizioso, entro il 2025, gli impegni nazionali sulla riduzione delle emissioni (i cosiddetti nationally determined contributions), previsti dall’accordo di Parigi e finora del tutto insufficienti; finanziare adeguatamente il fondo per la riparazione di perdite e danni determinati dal cambiamento climatico reso operativo alla COP28 dell’anno scorso che sconta ad oggi promesse di finanziamento irrisorie pari a 702 milioni di dollari a fronte di pregressi impegni di finanza climatica (100 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 a beneficio dei Paesi a basso reddito) assunti alla Cop15 di Copenaghen nel 2009 e non mantenuti; aumentare il prelievo fiscale a carico degli individui più facoltosi e sulle attività inquinanti, per recuperare risorse da investire nel finanziamento della transizione ecologica giusta. Un’imposta sui patrimoni di multimilionari e miliardari potrebbe generare introiti aggregati (su scala globale) per 1.700 miliardi di dollari all’anno.

com.unica, 8 novembre 2024

Condividi con