Il tecnico romano, già eroe a Leicester e Cagliari, torna per la terza volta a guidare i giallorossi

In una città dove il calcio non è solo sport ma identità, Claudio Ranieri torna sulla panchina della sua Roma per la terza volta. È un ritorno che porta con sé il sapore di una nostalgia luminosa, come i versi del poeta che evocano la dolcezza del passato e la speranza per il futuro. E in un calcio moderno spesso privo di poesia, questo richiamo assume i contorni di un atto d’amore: Ranieri, romano e romanista, accetta la sfida più ardua della sua carriera. Con la Roma non tanto distante dalla zona retrocessione, il suo compito oggi sarà quello di rianimare una squadra smarrita e restituirle dignità e ambizione.

Cresciuto a Testaccio, cuore pulsante della romanità, Claudio Ranieri ha cominciato la sua carriera come calciatore proprio nella Roma, per poi spiccare il volo verso altri lidi. Come allenatore, ha costruito un curriculum che parla di imprese memorabili: oltre allo scudetto sfiorato con la Roma nel 2010, impossibile non citare il trionfo in Premier League con la cenerentola Leicester City nel 2016. Un’impresa che gli valse il titolo Fifa di miglior tecnico dell’anno nel 2016 e grazie alla quale ha riscritto la storia del calcio moderno, una favola in cui si è avverato il miracolo di travestirsi nel piccolo Davide che sconfigge il gigante Golia rappresentato dalle ben più blasonate Manchester City e Chelsea di proprietà di sceicchi e di petrolieri multimilionari. Ma tra le sue esperienze più significative c’è soprattutto il legame speciale con il Cagliari, che lui stesso definisce la sua seconda casa. «Cagliari mi ha dato tanto», ha detto, ricordando il suo primo trionfo nel portare la squadra sarda dalla Serie C1 alla A. La sua capacità di instaurare legami profondi con le piazze in cui ha lavorato è una testimonianza del suo carattere.

A chi gli chiede cosa lo abbia spinto a tornare, l’allenatore risponde con la sincerità di sempre: «È il cuore che me lo fa fare». Dopo aver portato il Cagliari alla salvezza nella scorsa stagione, sembrava destinato a un meritato otium. Eppure, quando il presidente Dan Friedkin lo ha convocato a Londra, non ha potuto dire di no: «Ho iniziato da giocatore a Roma e finirò da dirigente a casa mia». Il ritorno di Ranieri è carico di simbolismo. La Roma, in una crisi profonda di gioco e risultati, aveva bisogno di una figura capace di unire la squadra, i tifosi e la città. E sir Claudio rappresenta l’archetipo dell’hombre vertical: un uomo saldo nei principi, capace di trasmettere fiducia e spirito di sacrificio.

Nella sua prima conferenza stampa di oggi pomeriggio, Ranieri ha mostrato subito il piglio del leader: «Non ho tempo di fare errori, qui si comincia subito. Voglio una squadra e un pubblico coesi. Non parlo di fortuna, quella te la vai a prendere. Ma i tifosi devono uscire dallo stadio orgogliosi della Roma». Il tecnico non ha una formula magica, ma la sua filosofia è chiara: il modulo è un dettaglio, conta l’atteggiamento. «Voglio giocatori che non mollino un centimetro», ha detto, riferendosi alla necessità di costruire una squadra che lotti su ogni pallone. Ha anche lanciato un appello ai tifosi: «Durante i 90 minuti, dobbiamo essere una famiglia. I fischi possono aspettare la fine della partita». La Roma di Ranieri non sarà solo un progetto sportivo, ma anche un tentativo di recuperare l’identità smarrita del club. L’allenatore ha sottolineato l’importanza della romanità, accennando alla possibilità di un futuro ruolo per Francesco Totti: «Se può darci una mano, vedremo che contributo potrà offrire».

Il ritorno del mister di Testaccio ricorda le storie di riscatto dei grandi romanzi, in cui il protagonista, dopo aver affrontato sfide apparentemente insormontabili, trova la forza per risorgere. Questo terzo capitolo alla guida della squadra giallorossa non sarà facile, ma il tecnico romano è abituato alle sfide impossibili. Il suo contratto di sei mesi riflette la natura della missione: un salvataggio rapido e decisivo. In un calcio sempre più dominato da logiche economiche e mediatiche, la sua figura rappresenta una boccata d’aria fresca, un richiamo ai valori autentici dello sport. E mentre il destino della Roma rimane incerto, una cosa è chiara: con Ranieri al timone, la squadra può sperare di ritrovare sé stessa. Perché, come ha detto lo stesso allenatore: «Io sono prima di tutto un tifoso, poi un allenatore. E i tifosi non mollano mai».

Sebastiano Catte, com.unica 15 novembre 2024

Condividi con