Uno studio dell’Università ebraica di Gerusalemme apre una nuova frontiera nella lotta contro le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer
Alcuni ricercatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme hanno scoperto un metodo per “sbloccare la proteostasi”, il sistema che regola la salute del proteoma, l’insieme delle proteine prodotte dall’organismo. Intervenendo sull’attività del complesso Fib-1-Nol-56, situato nel nucleolo, una regione centrale del nucleo cellulare, è stato possibile “ridurre significativamente gli effetti tossici delle proteine associate all’Alzheimer”. Questo risultato è stato raggiunto potenziando i meccanismi naturali di difesa delle cellule e migliorando l’eliminazione delle proteine dannose.
La ricerca, pubblicata su Nature Cell Biology, definisce questa scoperta come “una svolta” che apre nuove opportunità per promuovere un “invecchiamento sano” e sviluppare terapie in grado di rallentare o addirittura prevenire malattie come l’Alzheimer. Con l’avanzare dell’età, l’equilibrio dell’omeostasi proteica, o proteostasi, che garantisce la corretta piegatura delle proteine, inizia a deteriorarsi. Questo declino porta all’accumulo di aggregati proteici tossici, che sono sia un segno distintivo che una causa delle patologie neurodegenerative come l’Alzheimer.
Coordinato dal professor Ehud Cohen, lo studio mette in evidenza “un nuovo e promettente approccio per affrontare questo problema, con implicazioni che vanno oltre la semplice ricerca di base”, come affermano gli autori. Gli scienziati hanno identificato il complesso nucleolare Fib-1-Nol-56 come un elemento cruciale nella regolazione della proteostasi, sia a livello cellulare che sistemico. Questa scoperta sottolinea l’importanza di questo complesso nel mantenere l’equilibrio e la salute delle proteine, aprendo nuove vie per combattere malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
Per i ricercatori, “questa scoperta non solo approfondisce la nostra comprensione di come il corpo gestisce lo stress cellulare, ma offre anche una speranza per trattamenti futuri che potrebbero ritardare o prevenire una miriade di devastanti malattie neurodegenerative“.
“I nostri risultati vanno oltre il banco di laboratorio – spiega Cohen – Le patologie neurodegenerative colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, con un impatto su famiglie e caregiver. Scoprendo come le cellule comunicano per mantenere l’integrità delle proteine, stiamo aprendo la porta allo sviluppo di approcci terapeutici preventivi che potrebbero ritardare l’insorgenza della malattia e migliorare significativamente la qualità della vita degli anziani“.
Qui l’estratto originale dello studio.
com.unica, 4 gennaio 2025