Elon Musk e l’Italia sotto le stelle di Starlink: necessità o rischio calcolato?
Satelliti e sovranità: in mancanza di alternative europee, il governo italiano si muove su un filo sottile tra rischi e opportunità.
Nel panorama sempre più complesso delle infrastrutture satellitari, dove tecnologia e geopolitica si intrecciano, emerge con forza la figura di Elon Musk. Nei giorni scorsi, in seguito alla visita negli Stati Uniti della nostra presidente del consiglio Giorgia Meloni, si è tanto parlato dell’accordo miliardario con la sua Starlink, la costellazione di satelliti progettata da SpaceX per l’accesso a internet satellitare globale, un contratto che potrebbe ridefinire la sicurezza nazionale e il rapporto con l’infrastruttura digitale del Paese.
Una scelta obbligata?
La trattativa tra il governo italiano e Starlink ha un peso strategico senza precedenti: un contratto da 1,5 miliardi di dollari su cui si sono fatte tante congetture di recente e che assicurerebbe all’Italia una connettività satellitare avanzata per le comunicazioni più delicate del Paese. Militari, servizi segreti, protezione civile: tutte queste reti critiche potrebbero passare attraverso i satelliti che Elon Musk ha lanciato nello spazio con la sua SpaceX. Una tecnologia che al momento non ha rivali, grazie a una costellazione di oltre 6.000 satelliti che garantiscono una copertura globale, velocità e affidabilità superiore a quella delle reti terrestri in caso di emergenze o catastrofi naturali.
Roberto Cingolani, ex ministro della transizione ecologica del governo Draghi e oggi amministratore delegato di Leonardo Spa, ha sottolineato in un’intervista al Foglio come la necessità di adottare tecnologie satellitari avanzate sia imprescindibile: «Il rischio è restare fermi, indietro, mentre gli altri si attrezzano». Nonostante il progetto europeo Iris2 prometta di entrare in funzione entro il 2030, Cingolani avverte che il tempo è un lusso che l’Italia non può permettersi. Soluzioni ponte come quelle offerte da Starlink sono quindi inevitabili. Vittorio Colao, ex ministro per l’innovazione tecnologica, ha espresso valutazioni simili in un’intervista rilasciata a Repubblica, anche se ha voluto sottolineare con forza i rischi di legarsi a società private che dipendono fortemente dai loro fondatori e che operano in condizioni monopolistiche. Ha evidenziato come un’eccessiva dipendenza da Starlink possa compromettere la sovranità strategica dell’Italia, richiamando l’Europa a svegliarsi e a investire seriamente nella propria capacità tecnologica, seguendo le indicazioni contenute nel rapporto di Mario Draghi sulla competitività, secondo cui l’osservazione della terra e la sicurezza delle comunicazioni devono diventare pilastri della politica industriale congiunta europea. Secondo Colao, è cruciale che i contratti con Starlink prevedano clausole rigorose per garantire la sicurezza dei dati e la continuità del servizio, includendo sistemi di crittografia verificabili e la gestione locale delle antenne terrestri.
Le preoccupazioni riguardo alla pericolosità di affidarsi a Musk sono giustificate, ma devono essere contestualizzate. Andrea Gilli, esperto di politiche di difesa, ha ricordato – in un lungo e articolato post su Facebook – che l’Italia, dieci anni fa, ha legato la propria sicurezza informatica a una società russa, Kaspersky, senza le stesse preoccupazioni che oggi emergono per Starlink. Questo esempio evidenzia come i rischi non siano intrinseci a un singolo fornitore, ma piuttosto alla mancanza di regolamentazioni e garanzie contrattuali adeguate. Gilli sottolinea inoltre che contratti ben strutturati possono mitigare l’incertezza, assicurando che le infrastrutture siano utilizzate esclusivamente per scopi concordati. Inoltre, Gilli minimizza la questione del monopolio tecnologico di Musk, sottolineando che molti dei principali attori globali, da Google a Amazon, operano in condizioni di quasi monopolio senza che questo impedisca ai governi di adottare le loro tecnologie. La vera sfida, secondo Gilli, è che l’Europa si attivi per creare alternative credibili e competitive, invece di limitarsi a criticare le soluzioni esistenti.
Il potere di Musk nell’era Trump
Per poter valutare le mosse del governo e dell’Europa rispetto alla sfida lanciata da Musk è necessario però avere una piena consapevolezza del contesto in cui l’imprenditore di origine sudafricana opera e amplifica la sua influenza. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, Musk ha assunto oggi un ruolo di primo piano nella nuova amministrazione americana, acquisendo un potere immenso. Il suo controllo su piattaforme come X (ex Twitter) gli consente di manipolare il dibattito pubblico su scala globale, favorendo una narrazione politica spesso vicina all’estrema destra, come confermano i suoi ultimi interventi di sostegno in Germania a Alice Weidl – leader di Afd – o il violento attacco al premier inglese laburista Keir Starmer, di cui recentemente ha chiesto a gran voce le dimissioni. Attraverso X, Musk ha già dimostrato come la disinformazione possa essere utilizzata come strumento di potere, destabilizzando il pluralismo delle idee e compromettendo la trasparenza democratica.
Pertanto è necessario tenere presente sempre che Musk non è solo un imprenditore, ma un attore geopolitico con una rete di interessi che si estende ben oltre i confini americani. Il suo rapporto ambiguo con Vladimir Putin è emblematico. Nella biografia di Walter Isaacson, si fa cenno a una conversazione che Musk avrebbe avuto con il capo del Cremlino prima della guerra, un elemento mai confermato ufficialmente, ma che alimenta il dibattito su quanto il suo ruolo di innovatore e imprenditore globale lo porti a interagire con attori geopolitici che di fatto rappresentano una minaccia per lo stesso Occidente. Va anche ricordato che le dichiarazioni e azioni durante il conflitto in Ucraina, come la proposta di un controverso piano di pace che sembrava favorire la Russia e la decisione di limitare l’uso di Starlink per evitare un’escalation militare, sollevano seri interrogativi sulla sua autonomia decisionale e sui suoi obiettivi. Secondo Gilli, tuttavia, queste ambiguità non dovrebbero paralizzare l’Italia o altri Paesi europei. La chiave sta nel bilanciare i benefici tecnologici di Starlink con misure di controllo e supervisione che limitino le potenziali interferenze politiche o strategiche da parte di Musk.
Nonostante questi rischi, un po’ tutti convergono tuttavia nel sostenere che l’accordo con Starlink possa e debba essere perseguito, pur con le dovute cautele. È essenziale che il contratto preveda clausole rigorose per garantire la sicurezza dei dati e la continuità del servizio, come hanno osservato sia Colao sia Cingolani. Inoltre, il governo italiano dovrebbe lavorare in sinergia con l’Unione Europea per integrare Starlink in un quadro più ampio di sicurezza continentale, evitando che questa scelta venga percepita come una resa totale alla leadership tecnologica americana. In parallelo, l’Europa dovrà accelerare lo sviluppo del progetto Iris2 e investire in nuove tecnologie per competere con Musk nel lungo termine. Questa non è solo una questione di competizione economica, ma di sopravvivenza politica e strategica. In altri termini l’imprenditore miliardario rappresenta tanto una risorsa quanto una sfida: sta all’Italia decidere se sfruttarne il potenziale senza cadere nella sua orbita gravitazionale.
Sebastiano Catte, com.unica 13 gennaio 2025