DeepSeek, la sfida cinese alla supremazia Usa nell’intelligenza artificiale
Come una startup cinese ha sviluppato un’IA potente a basso costo, facendo crollare i titoli tecnologici a Wall Street
La notizia ha colpito la Silicon Valley come un fulmine a ciel sereno. In pochi giorni, DeepSeek, un’app di intelligenza artificiale sviluppata da una sconosciuta startup cinese, ha scalato le classifiche degli App Store americani, diventando la più scaricata. Il risultato? Un crollo in Borsa di tutti i titoli tecnologici, una reazione di panico che ha travolto le grandi aziende del settore. Nvidia, la società leader nella produzione di chip per l’IA, ha perso oltre 600 miliardi di dollari di valore di mercato in poche ore, con un calo del 17% delle sue azioni. Google, Amazon, Meta e Microsoft hanno subito perdite significative. Se per anni gli investitori hanno scommesso su una corsa all’IA basata su investimenti miliardari e chip avanzati, DeepSeek ha dimostrato che si può ottenere lo stesso risultato con costi decisamente inferiori.
Secondo un report interno, il modello di punta dell’azienda, DeepSeek-V3, è stato addestrato con solo 6 milioni di dollari, utilizzando chip Nvidia H800, ben lontani dai costosissimi H100 impiegati da OpenAI e Google. Una rivelazione che solleva interrogativi inquietanti: se una startup con risorse limitate può arrivare a questi risultati, cosa succederà quando avrà accesso a tecnologie ancora più avanzate? E soprattutto: gli investimenti miliardari in aziende come OpenAI e Anthropic sono stati davvero ben spesi? La differenza tra DeepSeek e i suoi concorrenti è evidente: ha puntato tutto su ottimizzazione e innovazione software, anziché affidarsi alla pura potenza di calcolo. “L’innovazione non si protegge con il segreto, ma con la velocità e la capacità di adattamento“, ha dichiarato il fondatore Liang Wenfeng, che ha scelto la strada dell’open source.
Nato nel 1985 a Zhanjiang, nella provincia cinese del Guangdong, Liang Wenfeng non è un nome noto nel mondo della tecnologia occidentale. Laureatosi in intelligenza artificiale all’Università di Zhejiang, ha iniziato la sua carriera nel mondo della finanza, fondando High-Flyer (Huanfang Quantitative), un hedge fund specializzato in trading automatizzato basato su algoritmi di IA. Per anni, Wenfeng ha studiato il modo in cui l’intelligenza artificiale poteva essere ottimizzata per prendere decisioni più rapide ed efficaci nei mercati finanziari. Ma la sua vera ambizione era più grande: creare un’IA in grado di competere con i migliori modelli americani. Nel 2023, ha fondato DeepSeek con un obiettivo chiaro: rendere l’IA più accessibile, più efficiente e meno dipendente dall’hardware avanzato.
Come si diceva DeepSeek ha scelto di adottare una strategia radicalmente diversa rispetto ai colossi americani. Mentre OpenAI e Google proteggono gelosamente i loro modelli dietro a sistemi chiusi e brevetti, nell’abbracciare l’open source, rendendo il suo chatbot accessibile a tutti, l’azienda cinese ha potuto raccogliere rapidamente contributi dalla comunità globale di sviluppatori, favorendo un miglioramento del modello a un ritmo accelerato.
Alessandro Aresu, autore del recente saggio “Geopolitica dell’intelligenza artificiale“ e consigliere scientifico di Limes, ha sottolineato – in un‘intervista rilasciata a Huffington Post – l’importanza dell’ascesa di DeepSeek nel contesto della competizione globale tra Cina e Stati Uniti: “DeepSeek è stata una classica sorpresa, con un effetto shock piuttosto consistente. Ha avuto un impatto immediato sui mercati finanziari e sull’attenzione dei consumatori. Essere al primo posto nell’App Store è un segnale forte, perché rappresenta un cambiamento nella narrazione globale sull’intelligenza artificiale.” Aresu mette in guardia sulla reazione americana, che sta già trasformando questa vicenda in una questione di sicurezza nazionale: “Negli Stati Uniti, la questione dell’intelligenza artificiale è strettamente legata alla sicurezza nazionale. Il sistema tecnologico statunitense si difende dall’avanzata cinese rafforzando questa narrativa, ma tradurre questa posizione in una cesura concreta nei rapporti con la Cina è tutt’altro che semplice.” La questione si intreccia anche con la presenza di colossi americani in Cina, come Tesla di Elon Musk, che non può abbandonare il mercato cinese senza subire pesanti conseguenze economiche. Allo stesso tempo, le aziende cinesi, come ByteDance, sono fortemente partecipate da investitori occidentali. “Questa interconnessione tra Stati Uniti e Cina è profonda e difficilmente eliminabile – sottolinea Aresu. Ma la narrativa della sicurezza nazionale spinge in direzione opposta, creando una tensione crescente che rende il sistema sempre più fragile e imprevedibile.”
Quel che è certo è che DeepSeek ha dimostrato che le regole del gioco possono essere riscritte. L’IA non è più solo una questione di hardware avanzato e investimenti miliardari, ma anche di ottimizzazione, creatività e strategie di sviluppo aperte. Ora la reazione dell’Occidente sarà cruciale: se gli Stati Uniti e l’Europa sceglieranno di chiudersi in un modello proprietario e difensivo, potrebbero lasciare spazio a un’onda di innovazione cinese che potrebbe ribaltare gli equilibri tecnologici globali.
Molti osservatori tuttavia si interrogano su quanto sia davvero “aperta” un’intelligenza artificiale controllata da un’azienda cinese, soggetta alle leggi di censura di Pechino. Sono perplessità e dubbi espressi dalle autorità europee, che hanno chiesto chiarimenti sulla gestione dei dati degli utenti, sollevando timori sulla sicurezza e sulla possibile trasmissione di informazioni sensibili ai server cinesi. Inoltre, nelle stesse ore, DeepSeek è scomparsa improvvisamente dagli store italiani dopo un intervento del Garante per la Privacy. Il provvedimento è arrivato dopo una richiesta formale di informazioni inviata alle società interessate, che, nel rispondere, hanno fornito elementi ritenuti del tutto insufficienti e, in alcuni passaggi, apertamente elusivi. Inoltre, OpenAI ha accusato DeepSeek di aver violato la sua proprietà intellettuale, sfruttando una tecnica chiamata distillazione, che consiste nell’addestrare un nuovo modello utilizzando come riferimento le risposte generate da un altro modello più avanzato. Una tecnica che, se confermata, solleverebbe questioni legali e potrebbe portare a una battaglia nei tribunali internazionali.
Sebastiano Catte, com.unica 1 febbraio 2025