La resa di Trump a Putin è un tradimento dell’Ucraina e un pessimo affare
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Secondo lo storico Timothy Garton Ash l’Europa deve imparare dalla sua tragica storia e opporsi all’appeasement
C’era una volta un’America che si ergeva a baluardo della libertà, che giocava il proprio ruolo sulla scacchiera mondiale con la consapevolezza di essere non solo una superpotenza, ma un riferimento morale. Oggi, la nuova narrazione racconta una storia diversa. Timothy Garton Ash, professore di Studi europei a Oxford, con la lucidità dello storico e il pragmatismo dell’osservatore disincantato, fotografa sul Guardian il momento in cui gli Stati Uniti, con Donald Trump al timone, hanno deciso di abbandonare l’Ucraina e, con essa, un intero sistema di valori.
Nel cuore di questa vicenda c’è una resa, un calcolo politico che prende in prestito lezioni dal passato, ma le distorce in una prospettiva allarmante. “L’appeasement di Donald Trump nei confronti di Vladimir Putin fa sembrare Neville Chamberlain un realista coraggioso e dotato di principi”, scrive Garton Ash, evocando il fantasma del primo ministro britannico che, nel 1938, sacrificò la Cecoslovacchia in nome di una pace illusoria. Solo che stavolta la guerra è già in corso, e la decisione di Trump non è preventiva, ma reattiva: un tradimento in piena regola.
Garton Ash non si limita alla metafora di Monaco. C’è un altro nome che ritorna: Jalta. Il vertice del 1945, in cui Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica ridisegnarono l’Europa, diventa oggi la sineddoche di un accordo bilaterale tra Washington e Mosca. Il nuovo assetto geopolitico si decide sopra le teste degli ucraini, con Trump che propone un incontro in Arabia Saudita prima di siglare il destino di Kiev direttamente con Putin. In questa visione del mondo, il potere non si discute, si esercita. “Nel coraggioso nuovo mondo di Trump e Putin, la forza è legge e l’espansione territoriale è ciò che le grandi potenze fanno”, osserva Garton Ash con amara ironia. La Russia si prende l’Ucraina, gli Stati Uniti potrebbero volgere lo sguardo su Canada e Groenlandia, mentre la Cina stringe la presa su Taiwan. Il diritto internazionale, le alleanze, la democrazia stessa: tutto diventa negoziabile.
Donald Trump ama presentarsi come un uomo forte, un negoziatore capace di ribaltare le sorti di un confronto con una stretta di mano e uno slogan ben assestato. Eppure, la sua strategia nei confronti della Russia racconta una storia diversa. “Questo cosiddetto uomo forte è in realtà un uomo debole quando si tratta di affrontare gli autoritari ostili di questo mondo”, denuncia Garton Ash, mettendo in fila una serie di concessioni fatte a Putin in un solo giorno: il riconoscimento incondizionato del leader russo come partner legittimo, l’offerta di negoziati bilaterali escludendo l’Ucraina, la dichiarazione che Kiev dovrà cedere territori e il rifiuto di sostenere la sua adesione alla NATO. A ben vedere, la strategia di Trump non è nuova. Lo storico ricorda come l’ex presidente abbia agito in modo simile nei confronti dei talebani in Afghanistan: concedendo prima di pretendere, mostrando il bluff e rinunciando a qualsiasi leva di potere reale. “Un capolavoro di come non si pratica l’arte del negoziato”, sottolinea Garton Ash con sarcasmo tagliente. E mentre Trump cerca di vendere la sua narrazione di pace, Putin gioca la sua partita: guadagnare tempo, prolungare i colloqui, mentre le forze russe continuano a distruggere le infrastrutture ucraine e minare l’economia del paese.
Ma se gli Stati Uniti si ritirano, ci si interroga su cosa farà ora l’Europa. Qui Garton Ash traccia un confine netto tra passato e presente. Se a Monaco del 1938 l’Europa era divisa e vulnerabile, oggi ha una struttura unitaria, democratica e, soprattutto, ricca. Eppure, la ricchezza non si traduce automaticamente in potere. “Con una coalizione sufficientemente determinata di paesi volenterosi e capaci, inclusa sicuramente la Gran Bretagna, l’Europa può ancora permettere all’Ucraina di stabilizzare il fronte, mantenere la propria economia e, alla fine, negoziare da una posizione di forza, non di debolezza.” Tutto dipende dalla volontà politica. L’Europa è confusa, indecisa sul futuro dell’Ucraina, lacerata tra l’istinto di proteggere i propri interessi economici e la responsabilità morale di sostenere un paese aggredito. Ma la conferenza di Monaco di questo fine settimana potrebbe segnare un punto di svolta. Garton Ash chiama l’Europa a una risposta decisa, un contrappeso al Monaco di Trump, un’azione che possa ristabilire il principio che la libertà non è merce di scambio.
La storia non si ripete mai allo stesso modo, ma lascia echi, schemi, segnali d’allarme. Guardando agli errori del secolo scorso, Garton Ash ci mette di fronte a una scelta: ripetere gli stessi sbagli o imparare da essi. L’appeasement di Chamberlain non fermò Hitler. La divisione di Jalta non portò alla stabilità, ma alla guerra fredda. Oggi, l’Europa e l’Occidente intero si trovano di fronte a un dilemma simile. La decisione di Trump ha tracciato una linea: chi la attraverserà e chi resterà fermo a guardare? La partita è aperta. Ma il tempo per giocarla si sta esaurendo.
(a cura di Sebastiano Catte, com.unica 14 febbraio 2025)
*Fonte The Guardian