Gli equilibri globali sono in pericolo quando la forza s’impone al diritto
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Il ridimensionamento del diritto internazionale con l’avvento di Trump alla Casa Bianca, le possibili conseguenze
Quanto accade in questi giorni, ad appena un mese dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, ci lascia comprensibilmente disorientati perché pensavamo che un ordine internazionale, solido e stabile da decenni, non avesse nulla da temere. Invece è in atto un suo cambiamento radicale e quindi è necessario prendere atto, con una buona dose di realismo, che il diritto internazionale – mi riferisco a quello concepito e reinterpretato in Occidente dopo la fine della seconda Guerra Mondiale – è entrato in una fase di declino e si avvia verso un drastico ridimensionamento.
Se vogliamo dare una lettura, non necessariamente legata ai fatti contingenti, di quanto sta accadendo, occorre prendere atto di una marcata riduzione nel “nuovo mondo“ del ruolo e dello spazio finora occupato dal diritto internazionale, in un ordine mondiale, che vede la competizione fra le grandi potenze raggiungere livelli impensabili, perché ognuna di esse vuole allargare la propria sfera d’influenza con l’acquisizione di territori liberi e indipendenti, sulla base di rivendicazioni aleatorie come nel caso dell’America di Trump con la Groenlandia o la Russia di Putin con l’Ucraina.
Il ridimensionamento del diritto internazionale preoccupa, perché il suo compito è stato, fino ad ora, quello di facilitare i rapporti fra le potenze, nell’intervallo fra un conflitto e l’altro, allo scopo di riequilibrare i rapporti fra gli Stati, come accaduto con l’Onu fortemente voluta in sostituzione della Società delle Nazioni, dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt.
Un sistema internazionale di rapporti che, nelle intenzioni americane, avrebbe dovuto essere guidato dall’America con l’accordo delle grandi potenze ma che, con lo scoppio della Guerra fredda, ha funzionato solo parzialmente; solo in misura ridotta l’Onu ha potuto esercitare il ruolo di tutore e garante della sicurezza di tutti i Paesi che si riconoscevano nei principi fondanti dell’istituzione, a causa del contrasto tra il blocco occidentale a guida americana e quello sovietico.
Tuttavia i legami unilaterali creati dall’Onu si sono sviluppati oltre ogni previsione, coinvolgendo anche Paesi al di fuori del mondo occidentale e, in questo contesto, l’egemonia politica, economica e militare degli Stati Uniti, esercitata fin dove non arrivava l’influenza sovietica, si è rivelata indispensabile a garantire la durata dei legami multilaterali.
Dopo la fine della guerra fredda, molti hanno pensato che fosse possibile poter convivere in pace e prosperità, in un mondo finalmente pacificato, l’ideale Kantiano della “pace perpetua“, un sogno che a molti è sembrato a portata di mano e che ha rappresentato il momento di maggior forza e prestigio dell’Onu, l’età dell’unilateralismo americano, il dominio di una sola superpotenza, punto di forza della politica di Trump nel primo mandato.
Il declino della potenza americana ha segnato anche quello dell’Europa, a causa della sempre più ridotta importanza delle società occidentali a livello internazionale e, l’ascesa sempre più veloce di altri mondi, di altre civiltà con tradizioni, pensiero e priorità diverse da quelle del mondo occidentale: un esempio per tutti, Cina e India.
In tutta onestà, non è possibile non pensare che il ridimensionamento del peso delle società occidentali e la nascita di un sistema multipolare, basato sulla competizione di potenze in possesso di armi nucleari o altri deterrenti, non provochino cambiamenti radicali in quelle istituzioni che finora hanno regolato la vita di noi tutti.
Occorre uno sforzo di realismo per accettare quanto sta accadendo, nella speranza che un nuovo equilibrio nasca fra la forza e il diritto, in barba alle pulsioni autoritarie di chi vuol cambiare il mondo, ma non sa bene come poterlo fare.
Angela Casilli, com.unica 19 febbraio 2025
*Immagine creata con il supporto dell’intelligenza artificiale