Cittadinanza negata: il paese che non riconosce i suoi figli

Le conclusioni dello studio promosso dall’Istituto “S. Pio V” e realizzato dal Centro Studi e Ricerche IDOS
“Orizzonti condivisi. L’Italia dei giovani immigrati e con background migratorio” è la ricerca promossa dall’Istituto “S. Pio V” e realizzata dal Centro Studi e Ricerche IDOS presentata ieri a Roma.
L’8 e il 9 giugno 2025, il paese si troverà davanti a uno di quei bivi che definiscono una generazione. Il referendum in discussione — ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza continuativa necessario per ottenere la cittadinanza italiana per naturalizzazione — è un piccolo passo. Ma sarà sufficiente? O siamo destinati a rimanere prigionieri di un’idea di identità che non riflette più la realtà? Per comprendere la portata della questione, basta guardare ai numeri. All’inizio del 2024, quasi due milioni di persone residenti in Italia hanno un background migratorio, e tra loro ci sono 1,3 milioni di minori di origine straniera. Bambini e ragazzi che parlano italiano con accenti di Milano, Roma, Napoli. Che tifano per la stessa squadra, che studiano nelle stesse scuole, che sognano lo stesso futuro. Eppure, per la legge, molti di loro restano stranieri. Stranieri nella terra in cui sono nati.
Milano, 98mila. Roma, 92mila. Nelle strade di queste città si incrociano storie che smentiscono la burocrazia. L’anagrafe dice che non sono italiani, ma la realtà racconta un’altra storia. Due studenti su tre, formalmente “stranieri”, sono nati qui. Vivono qui. Ma il diritto non si è ancora adattato alla vita.
C’è poi un altro numero, freddo e inesorabile: il 30,4% delle famiglie straniere vive in povertà assoluta, contro il 6,3% di quelle italiane. Dietro le cifre si nasconde una realtà tagliente. L’inclusione non è solo una questione di diritti, è una questione di possibilità. Per ogni giovane a cui si nega una cittadinanza, si chiude una porta. Per ogni porta chiusa, un talento resta inesplorato. L’Italia non può permetterselo.
Il racconto si complica con l’arrivo dei minori soli. Alcuni partono da terre lontane con la speranza cucita addosso, altri vengono inghiottiti dal mare prima ancora di arrivare. Dal 2014 al 2024, più di 1.300 bambini e adolescenti hanno perso la vita nel Mediterraneo. Quelli che riescono ad arrivare trovano un sistema di accoglienza frammentato, spesso inadatto. Alcuni vengono lasciati ai margini, altri finiscono nelle mani sbagliate. Un esodo silenzioso, che scivola tra le pieghe della cronaca e della coscienza collettiva.
E poi c’è la scuola, il grande laboratorio dell’identità. Nell’anno scolastico 2022/2023, gli studenti stranieri erano più di 900mila. Tra di loro, oltre il 65% è nato in Italia. Sono alunni che scrivono temi in italiano, che recitano versi di Dante e leggono Calvino. Ma al momento di prendere in mano la carta d’identità, trovano un muro. Il loro destino dipende da una riforma che tarda ad arrivare, da un referendum che potrebbe cambiare qualcosa, ma non tutto.
Alla fine, la domanda è semplice e crudele: per quanto tempo ancora l’Italia continuerà a negare se stessa? Perché la cittadinanza non è solo un pezzo di carta. È un riconoscimento. È dire: “Tu sei parte di questa storia”. Il futuro ha già messo radici nelle scuole, nei campi da calcio, nei cortili dei condomini. Resta solo da capire se il paese ha il coraggio di guardarsi allo specchio e riconoscere il volto che vede riflesso.
com.unica, 28 marzo 2025