Operazione Colibrì, la notte dei lunghi coltelli
In Germania è ricordata col nome di Röhm-Putsch, come fu chiamata dai nazisti la terribile epurazione che ebbe luogo tra il 30 giugno e il 1 luglio 1934 su ordine di Adolf Hitler.
La decisione coinvolse i vertici della S.A., le squadre d’assalto Sturmabteilung, ma anche chiunque si opponeva al suo potere, i sospettati di comunismo, gli omosessuali. I vecchi amici o gli ex compagni politici. Per due giorni, in quelle ore fatidiche e terribili, conosciute come la notte dei lunghi coltelli, Hitler attraverso una serie sconsiderata di omicidi, guida la Germania verso la dittatura, eliminando chiunque potesse rappresentare un ostacolo alla sua scalata al potere assoluto. La regia del piano di epurazione è affidata ai suoi stretti collaboratori: Rudolf Hesse, Yoseph Goebbels, Martin Borman. Hermann Goering, Heinrich Himmler, Reinhard Heydrich. La cricca delle bestie rapaci, uomini con una sola caratteristica in comune, la totale mancanza di misericordia, compassione, umanità. In tutta la Germania, da Berlino, Stettino, Dresda, Norimberga, arrivavano le notizie degli arresti e delle esecuzioni. Gli uomini delle SS e la Gestapo, con un elenco di persone da eliminare, piombavano nelle abitazioni e nello sbigottimento generale prelevavano uomini e donne, che spariranno per sempre. Nei Quartieri Generali di Monaco e di Berlino gli elenchi degli arrestati venivano man mano spuntati. La soddisfazione era grande: le morti venivano festeggiate con birra e panini, schiamazzi, rutti e risate. La scalata al potere era legata alla riuscita del piano da attuare la notte del 30 giugno. Hitler dal telefono lanciò il messaggio in codice: Colibrì. Inizia il massacro.
Nell’estate del 1934 Hitler era Cancelliere della Germania da quasi due anni. Era arrivato al governo con meno del 50% del consenso popolare. Era un governo di unità fragile e caotico, retto da uomini politici molto più potenti di lui, convinti soprattutto di poterlo controllare. Ad appoggiare la sua scalata al potere le S.A., le truppe di assalto guidate da Ernst Röhm. La folla lo acclamava festosa e nessuno si accorse che stava iniziando la corsa verso la catastrofe. Gli uomini che lo stavano aiutando non sospettarono mai che sarebbero stati barbaramente assassinati. Ernst Röhm, dirigente del partito nazista, un ufficiale valoroso che era stato decorato al merito con la croce di ferro, fu il vero artefice della scalata al potere di Hitler. Non solo lo protesse, ma ottenne dall’Esercito i fondi per mantenere in vita il Partito Nazionalsocialista. Aveva una personalità da leader e poteva contare sulla dedizione assoluta di tre milioni di uomini delle S.A., le Sturmabteilung, create per proteggere l’ascesa di Hitler. Tuttavia il Führer cominciò a guardare a lui e alle sue truppe come a possibili nemici da eliminare. Le S.A. erano un battaglione di uomini armati con licenza di uccidere. Instillavano il terrore nel cuore della gente, intimidivano e aggredivano passanti inermi, stranieri, diplomatici o membri dei sindacati dei lavoratori. L’omicidio politico era guardato con un certo favore. Nutrivano il culto del loro capo, Ernst Röhm, ed erano tendenzialmente rivoluzionari, dediti agli eccessi e fuori controllo. Ernst Röhm avrebbe voluto che le S.A. fossero incorporate nell’Esercito regolare, ma l’Esercito, temendo di essere soppiantato, non voleva avere niente a che fare con un’orda di uomini indisciplinati, senza addestramento, con uno scarso senso del dovere verso lo Stato e che non conosceva la cultura e la storia della Germania. Uomini che vivevano per lo più in accampamenti, nella totale promiscuità. Dello stesso Röhm si diceva che fosse un alcolista e un dissoluto. Sfoggiava la sua omosessualità in pubblico e chiedeva ai suoi compagni di fare altrettanto. Hitler fu avvertito che Röhm stava cospirando con i Francesi per ripristinare in Germania il vecchio regime. Fu l’occasione che aspettava per lanciare l’operazione Colibrì ed uccidere tutti i congiurati. Con un espediente, Hitler convocò a Bad Wiessee, in Baviera, Röhm e circa duecento uomini tra i più alti vertici delle S.A. e fu organizzato un banchetto con uno speciale menù vegetariano.
Il meccanismo della notte dei lunghi coltelli fu avviato con rapidità e precisione, con l’ausilio di pochissimi uomini scelti delle S.S. Alle 4 del mattino del 30 giugno 1934 Hitler atterrò con un Junkers Ju 52 all’aerodromo di Monaco. Due auto con un pugno di uomini lo scortarono nella dimora di Bad Wiessee, dove arrivarono alle sei del mattino, durante il cambio della guardia. Nessuno avvertì Röhm del suo arrivo. La sera prima c’era stata una festa, molti uomini delle S.A. erano omosessuali e l’orgia non era ancora terminata. Hitler, armato di pistola, entrò in alcune stanze e fece arrestare gli uomini che vi erano ospitati. Un contingente di S.A. sopraggiunto in quel momento fu disarmato, rispedito indietro e messo agli arresti. Fu arrestato anche Ernst Röhm e portato nella prigione di Stadelheim. Contemporaneamente iniziarono le esecuzioni dei civili non allineati. Morirono anche i capi delle S.A. di Monaco e di Berlino e altri uomini di spicco. Dalla cella numero 474 Röhm sentiva i colpi dei fucili durante le esecuzioni, efferate e brutali, che continuarono senza sosta per due giorni. Venne cancellato tutto, venne eliminato tutto. Fu condannato a morte chi si opponeva, chi era un potenziale pericolo, chi conosceva un qualsiasi segreto della vita di Hitler. E forse Röhm doveva morire perché sapeva troppo del suo passato. Gli si volle dare un’ultima opportunità permettendogli di suicidarsi e di morire dignitosamente. Le guardie gli lasciarono nella cella una pistola col colpo in canna e gli diedero cinque minuti. Ma Röhm non si sparò: lo trovarono in piedi, a torso nudo, il petto gonfio in fuori, i pugni sui fianchi con atteggiamento di sfida. Gli scaricarono addosso le loro pistole. Mentre spirava le sue ultime parole furono per il suo Führer.
La notte dei lunghi coltelli fu una strage, un omicidio di massa. Non si sa quante furono le vittime militari e civili, tutte le prove del massacro, i documenti, le foto, gli elenchi furono distrutti. Si è parlato di più di un migliaio di vittime. Fu vietato ai giornali di dare la notizia delle morti e di pubblicare i necrologi. Fu emesso un breve comunicato con il quale si annunciava che Ernst Röhm era stato destituito dalla carica di capo delle S.A. e che cinque dei suoi più stretti collaboratori erano stati giustiziati per condotta dissoluta. Le truppe d’assalto, decimate, persero potere. Hitler continuò l’ascesa, con l’appoggio dell’Esercito, al quale garantì il riarmo, e i finanziamenti dei grandi industriali. Alla morte del presidente von Hindenburg ottenne il potere assoluto, assunse il controllo di un popolo assoggettato e guidò una macchina da guerra assolutamente distruttiva. La lista delle morti sotto il suo potere arrivò a superare i dieci milioni. Il Terzo Reich annichilì e smantellò quasi tutta l’Europa, ma per fortuna implose sotto le sue stesse spinte rovinose.
(Nadia Loreti, com.unica 30 giugno 2017)