Fino al 15 ottobre, i muri dei portici di Bologna saranno animati dalla campagna “Quello che ho visto”, realizzata dall’organizzazione bolognese GVC, dal disegnatore Stefano Ricci e promossa grazie agli spazi del circuito Cheap on Board. Un racconto scandito in 25 tavole illustrate proietterà i passanti nelle esistenze di chi vive in sospeso tra la guerra e la sopravvivenza, in Libano, paese che accoglie oltre un milione di rifugiati siriani. Qui, nella Valle della Bekaa, grazie al sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, GVC garantisce percorsi di formazione e avviamento professionale sia per i rifugiati siriani che per i libanesi affinché, attraverso la condivisione della ricerca di un lavoro, si possano prevenire gli scontri sociali. 

“È stato un viaggio pieno di senso rispetto a quello che sta succedendo in Europa. Nel paese dei cedri, un abitante su quattro è un rifugiato siriano”, racconta Ricci. “Ho cercato di creare un racconto intimo che accompagni i passanti che attraversano la città in una dimensione in cui il tempo si dilata e si fa emotivo ma è pur sempre uno spazio politico: è una sfida di umanità, un dialogo uno a uno. Perché io non ho paura delle persone, della reazione che avranno di fronte alle mie opere. Mi fido”. Per questo, Ricci consegna ai passanti i ricordi di persone come Mohannad che è scappato a 16 anni da Aleppo e ora lavora come parrucchiere in Libano ma nella sua terra ha visto morire molti amici. Ed è capace di inchiodare sui manifesti le storie di una Siria in cui si contano le case rimaste in piedi. Come quella del vecchio Maan che vive ancora lì tra le macerie o di Abdel che vive ad Ain e ha costruito da solo, con il legno trovato per strada, i mobili della sua stanza perché “i siriani sanno fare molte cose” dice. Eppure, sono costretti a fuggire e a vivere in campi informali come quello di Raas Baalbek, in sessanta in undici tende. “Prima che cominciasse la guerra, stavamo molto bene ma quando si sono messi a combattere nel nostro villaggio abbiamo resistito un anno e poi siamo dovuti andare via – racconta Nayfi, la più anziana del campo -. Eravamo contadini, avevamo molta terra, le mucche. Abbiamo perso tutto. Siamo scappati con i vestiti che avevamo indosso. Nient’altro” si legge in una delle 25 tavole illustrate. 

Nei campi la gente è riuscita a ricrearsi una sua quotidianità, anche se un’intera generazione vivrà per sempre con traumi indelebili, come sarà per Wassim. “Io e lui abbiamo bevuto insieme due arak e siamo stati in silenzio per un bel po’. A un certo punto ha rotto il silenzio e mi ha detto: sai, c’era questo mio amico – spiega Ricci – e puntandosi l’indice sulla fronte e il pollice sulla testa ha fatto uno schiocco con la lingua”. Era il rumore di un proiettile. “Siamo ormai abituati a vedere immagini di persone che muoiono e il nostro grado di empatia sta diminuendo”, denuncia Ricci. “Wassim, però, raccontando, ha fatto esistere quell’attimo anche per me”.  “L’obiettivo di GVC e CHEAP è quello di fare in modo che tutti coloro che attraverseranno il centro di Bologna possano andare oltre l’assuefazione e l’indifferenza, immergendosi in una serie diaffissioni nel paesaggio urbano che scardinano i riferimenti urbani”, chiarisce Flavio Tieri di GVC, che ha curato il coordinamento del progetto e della campagna. “Al posto della pubblicità, sulle bacheche dei muri, ci saranno le pagine di un viaggio che porta sino in Libano e in Siria”.

Sul sito gvc-italia.org/quellochehovisto/ sarà possibile richiedere le illustrazioni di Stefano Ricci e seguire la campagna #quellochehovisto. 

(com.unica, 1 ottobre 2018)

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