Sul ‘Fatto Quotidiano’un ampio articolo di Leonardo Coen, con apertura in prima pagina, ricostruisce la storia dell’ex premier Yitzhak Rabin, di cui il 4 novembre cade il ventesimo anniversario dall’assassinio. Ad ucciderlo, ricorda Coen, YgalAmir, “un militante della destra estremista. Non si è mai pentito del suo gesto. Anzi, per il 38 per cento degli ultra-ortodossi, è un eroe, secondo un’imbarazzante inchiesta del quotidiano Ha’aretz”.

Il clima che precedette l’assassinio di Rabin, l’uomo simbolo degli Accordi di Oslo con i palestinesi, fu caratterizzato da forti tensioni interne, con settori della destra e del mondo religioso ferocemente contrari all’accordo, ricorda il giornalista. A ricostruire quel periodo una mostra alla Biblioteca Nazionale di Gerusalemme, “un’esposizione terribile e drammatica che mostra (e denuncia) quali e quanti incitamenti all’odio contro Rabin precedettero i due spari fatali”. 

Furio Colombo, sempre dalle colonne de ‘Il Fatto’ prende spunto dall’assassinio di Rabin per aprire una riflessione – di cui il titolo non appare rispecchiarne il significato -, sul processo di la pace tra israeliani e palestinesi, sottolineando che per una parte del mondo “Israele non deve esistere, e questa colpa non si mitiga governando meglio. Israele deve scomparire e basta. Per questo è un errore continuare a pensare che la questione si risolva fra i due popoli, uno dei due popoli (non proprio i palestinesi ma l’immenso, ricchissimo mondo arabo, che tiene i palestinesi privi di tutto affinché siano affamati e pronti a combattere) ha detto no fin dal primo giorno”.

(com.unica, 2 novembre 2015)

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