Nella “Città futura” Gramsci scriveva del suo odio per gli indifferenti, cinque anni prima che il fascismo andasse al potere e che si può così sintetizzare: il male esiste perché la maggior parte degli uomini si gira dall’altra parte, per viltà, per quieto vivere, fa finta di non vedere la brutalità, il dispotismo, la tracotanza dei suoi simili.

È l’indifferenza di chi poteva opporsi al male e non lo ha fatto, contro cui non esiste una vera cura e che ha accompagnato il calvario di tante persone, come i giovani della Rosa Bianca che in Germania sfidarono Hitler a costo della vita.

È l’indifferenza che sentì attorno a sé Liliana Segre quando le leggi razziali volute dal Duce, la cancellarono dal suo mondo, negandole fanciullezza e adolescenza.

Oggi, c’è un’indifferenza che può ferirci ogni giorno e in ogni momento e che si annida nella coscienza di ognuno di noi, anzi ne rappresenta il lato oscuro e che è tornata prepotentemente alla ribalta dopo l’aggressione di alcuni studenti del liceo Michelangiolo di Firenze ad opera di militanti di estrema destra.

L’episodio, brutale come può essere un pestaggio, ha provocato una serie di prese di posizioni a dir poco esasperate, che hanno dimostrato come nella nostra società ancora sopravvivano richiami antistorici ad un passato che dovrebbe essere solo il passato, ciò che è stato e che ci auguriamo non torni più.

Invece siti e social hanno reagito oltre il dovuto, rispondendo a sollecitazioni venute non solo dalle intemperanze degli studenti di Firenze, ma anche dalla sovraesposizione mediatica del mondo degli adulti.

Quanto accaduto non si può liquidare come se fosse uno scontro tra tifoserie di destra e di sinistra quando c’è un derby importante, tra la preside del Michelangiolo, che in una circolare ai suoi studenti ha giustamente condannato il pestaggio ma si è poi persa in una discutibile e fuorviante analisi del momento storico attraversato dal Paese. Dal canto suo il ministro dell’Istruzione e del Merito è intervenuto precipitosamente contro di lei con reprimende e minaccia di provvedimenti disciplinari, neanche tanto velati, successivamente ritrattati.

Sostenere che in Italia ci sia oggi il pericolo di un ritorno a breve termine della dittatura, non è soltanto inesatto e fuorviante, è molto pericoloso proprio per i giovani e le conseguenze possono essere gravi.

Così come rimproverare pubblicamente una preside, trasformandola in una rivoluzionaria invasata, è altrettanto fuorviante e pericoloso per i risvolti deflagranti che può avere.

Sono tutti segnali d’allarme da non sottovalutare ma che rimandano tutti al grande equivoco che riguarda l’antifascismo e la mancata abiura del fascismo, mai chiesta dagli Italiani, come invece fu per il nazismo in Germania.

La nostra storia repubblicana ha visto due specie di antifascismo, diverse per natura e ispirazione: quello che ha creato l’Italia di oggi, di Gobetti, dei fratelli Rosselli, di Calamandrei, della Resistenza e quello militante, inquinato dal terrorismo degli anni settanta e ottanta, quello delle Brigate Rosse che produsse la rinascita del neofascismo, con le trame nere e le squadracce giovanili.

Il governo di centro-destra oggi in Italia ha una grossa responsabilità, quella di saper distinguere tra i due antifascismi, facendo suo quello della Costituzione e superando l’altro in nome della pacificazione nazionale, ma sia la maggioranza che l’opposizione hanno una responsabilità ancora più grande, quella di sconfiggere l’indifferenza, in nome della solidarietà e della disponibilità a lasciarsi coinvolgere.

Angela Casilli, com.unica 8 marzo 2023

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