Tra pressioni familiari e amore per il calcio che conta, Dybala decide di restare nella città eterna con una decisione controcorrente

In un’era calcistica in cui i soldi sembrano avere la priorità su tutto, arriva il sorprendente gesto di Paulo Dybala. È la sera di un’estate afosa, l’ora in cui il tramonto romano getta lunghe ombre sulla città eterna, e i tifosi della Roma si preparano all’ennesima delusione di mercato. Eppure, alle 20:26, come un tuono in un cielo fino ad allora silenzioso, compare su Instagram un video: Dybala sorride, un cenno rapido e cinque parole che pesano come macigni sull’animo dei tifosi e degli analisti finanziari di tutto il mondo: “Grazie Roma, ci vediamo domenica”.

E così, come un prestigiatore che all’ultimo istante cambia il coniglio da bianco a nero, Dybala rovescia la narrazione. Fino a quel preciso minuto, il suo trasferimento all’Al-Qadsiah, squadra saudita disposta a coprirlo di oro come un idolo da venerare, sembrava inevitabile, scontato, la naturale conseguenza di una sceneggiatura già scritta. Sessanta milioni di euro in tre anni, una cifra capace di far venire l’acquolina in bocca a qualunque giocatore, agente, o club con le finanze in difficoltà. Ma Paulo, contro ogni pronostico, fa prevalere il cuore. Una decisione che certo non ha gettato nello sconforto i Friedkin, nonostante Dybala costi 16 milioni lordi a stagione e liberarsi di un simile ingaggio sarebbe stata per certi versi una manna dal cielo per i conti. Ma sarebbe stata una scelta peggiore, anche per loro, cedere il loro miglior giocatore per una manciata di milioni e rischiare una sommossa popolare tra i tifosi. No, grazie. I Friedkin hanno preferito continuare a investire sulla stella argentina.

E qui c’è la trama nascosta di questa telenovela estiva. Paulo Dybala, già pronto con la valigia in mano e con gli occhi lucidi all’idea di salutare quella tifoseria che lo ha accolto come un dio sceso dall’Olimpo, cambia idea. È colpa, o merito, delle pressioni? Forse di quei compagni di squadra che, argentini come lui, lo pregano di restare? Oppure è stato l’ennesimo bagno di folla, l’ennesimo autografo che lo ha fatto ripensare? Fatto sta che alla fine della giornata, circondato dalla madre, dalla moglie e da un entourage che ha imparato a conoscere i suoi momenti di riflessione silenziosa, Dybala pronuncia quelle due lettere che fanno tremare il mondo del calcio: “No.” E che dire del club saudita? L’Al-Qadsiah rimane fermo sulla sua offerta da 3 milioni di euro per il cartellino della Joya, un’offerta che suona più come un insulto alla grandezza del campione che una proposta seria. Così, l’operazione si arena. La Joya non brillerà nei deserti d’Arabia, ma continuerà a illuminare lo stadio Olimpico e il campionato italiano. C’è poi il piccolo dettaglio del rinnovo automatico: 14-15 partite da titolare e il contratto si estenderà fino al 2026. Ma queste sono solo questioni di dettaglio, pezzi di un puzzle più grande che si chiama carriera, passione e amore per il calcio che conta.

In fondo, la decisione di Dybala è un segnale potente, una ribellione contro l’ordine prestabilito del denaro che tutto compra. È un rifiuto che ci fa riflettere sul valore delle scelte nella vita, sul fatto che si può ancora dire di no, anche di fronte a montagne di denaro. E mentre i tifosi romanisti cantano “Grazie Roma”, dovrebbero forse aggiungere un’altra strofa: “Grazie Paulo”. Perché in un mondo dove tutto sembra avere un prezzo, Dybala ha dimostrato che esiste ancora qualcosa di inestimabile: la passione, il cuore e il sogno di continuare a emozionarsi, domenica dopo domenica, sotto il cielo della città eterna.

Sebastiano Catte, com.unica 23 agosto 2024

Condividi con