Il Nobel per la Fisica a John Hopfield e Geoffrey Hinton per la loro ricerca sulle reti neurali
Dalla memoria associativa all’intelligenza artificiale, le scoperte rivoluzionarie che stanno cambiando il mondo
Ha fatto molto discutere la decisione dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze di assegnare il Premio Nobel per la Fisica 2024 a John J. Hopfield e Geoffrey E. Hinton, riconoscendo il loro rivoluzionario contributo nel campo dell’apprendimento automatico e, più precisamente, nello sviluppo delle reti neurali artificiali. Questa notizia segna una tappa fondamentale non solo per la fisica teorica, ma anche per il vasto universo delle applicazioni tecnologiche che queste scoperte hanno reso possibili. Le reti neurali, con la loro capacità di emulare il funzionamento del cervello umano, hanno ormai invaso ogni settore, dall’analisi dei dati al riconoscimento delle immagini, fino alle interazioni quotidiane con le intelligenze artificiali.
John Hopfield, 91enne professore all’Università di Princeton, ha segnato una svolta nella scienza con la sua invenzione della rete di Hopfield, un modello che imita la memoria associativa. Questo sistema, capace di memorizzare e ricostruire schemi dai dati, elabora le informazioni e in un certo senso le riorganizza anche quando sono incomplete o distorte. Utilizzando principi della fisica, come il comportamento degli spin atomici, la rete di Hopfield minimizza gli stati energetici, trovando così la configurazione più adatta per recuperare un’immagine o un’informazione. È stato questo approccio, ingegnoso nella sua semplicità, a gettare le basi per i futuri progressi nell’intelligenza artificiale.
Tra i due premiati, la figura di Geoffrey Hinton emerge con una complessità unica. Hinton, nato a Wimbledon (Londra) nel 1947, discende da una famiglia di intellettuali, tra cui spicca il logico George Boole, il grande matematico che ha posto le basi per la logica binaria alla base dell’informatica moderna. Il cognome di Hinton è quasi un presagio: il suo destino sembra essere quello di portare avanti l’eredità di una famiglia che ha contribuito a definire i contorni del mondo tecnologico che oggi abitiamo. La sua attrazione per il funzionamento del cervello umano lo ha spinto a immergersi nel campo dell’intelligenza artificiale, un settore che all’epoca attraversava un momento di crisi, noto come “l’inverno dell’IA”. Ma Hinton non ha mai abbandonato la sua convinzione che fosse possibile costruire macchine in grado di emulare i processi cognitivi umani. Così, nel corso del suo dottorato all’Università di Edimburgo, ha iniziato a lavorare sulle reti neurali, cercando di replicare il modo in cui il cervello umano elabora e associa le informazioni. Hinton, oggi professore all’Università di Toronto, ha per certi versi raccolto il testimone da Hopfield, sviluppando la macchina di Boltzmann, un modello che, sfruttando i principi della fisica statistica, permette alle reti neurali di auto-organizzarsi e classificare autonomamente i dati. Hinton è stato uno dei primi a intuire che le reti neurali non erano solo una curiosità teorica, ma avevano un potenziale enorme per risolvere problemi concreti, come il riconoscimento delle immagini e la sintesi vocale. Nel 2012, la svolta decisiva. Insieme ai suoi studenti Alex Krizhevsky e Ilya Sutskever, Hinton ha partecipato alla competizione ImageNet, utilizzando reti neurali profonde (deep learning) per ottenere un riconoscimento delle immagini con una precisione senza precedenti. Fu un trionfo. Quell’anno segnò l’inizio di una nuova era per l’intelligenza artificiale, e giganti della tecnologia come Google e Microsoft iniziarono a competere per assicurarsi i talenti del team di Hinton. Alla fine, fu Google a spuntarla, e nel 2013 Hinton entrò a far parte del gruppo di ricerca sull’apprendimento automatico dell’azienda.
Da quel momento, Hinton è stato riconosciuto come uno dei “padrini” dell’IA, ricevendo numerosi premi e onorificenze, tra cui il Premio Turing nel 2018, un riconoscimento considerato il Nobel dell’informatica. Ma con la fama e il successo sono arrivate anche le preoccupazioni. Negli ultimi anni, Hinton ha cominciato a lanciare avvertimenti sui rischi di un’intelligenza artificiale fuori controllo. In un’intervista recente, ha dichiarato: “Le IA stanno diventando sempre più intelligenti, e se oggi possiamo ancora controllarle, non è detto che sarà così in futuro”. Per Hinton, il problema non è solo tecnico, ma etico e politico: la possibilità che le IA vengano usate per manipolare l’opinione pubblica o sostituire lavori umani a una velocità insostenibile è un pericolo che non possiamo ignorare.
Hinton si è spinto ancora oltre, affermando che il controllo di queste macchine non è garantito. “Non abbiamo esperienza di cosa significhi avere cose più intelligenti di noi”, ha detto in un’intervista al New York Times, spiegando come le applicazioni dell’IA potrebbero facilmente sfuggire di mano se non gestite con la massima cautela. Questo allarme ha portato Hinton a dimettersi dal suo ruolo in Google nel 2023, per poter parlare liberamente delle sue preoccupazioni senza vincoli aziendali.
Una lezione dal passato: il progresso e i suoi rischi
Le riflessioni di Hinton non sono nuove. La storia della scienza è costellata di figure che, dopo aver contribuito al progresso tecnologico, hanno iniziato a temerne le conseguenze. È inevitabile pensare a Oppenheimer e al Progetto Manhattan, o a Jonas Salk, l’inventore del vaccino contro la poliomielite, che rifiutò di brevettare la sua scoperta per timore che l’interesse economico potesse superare il bene comune.
Hinton, in un certo senso, si muove su questo stesso tracciato. Ha costruito le fondamenta per una nuova era tecnologica, ma ora avverte che il progresso, se non controllato, potrebbe portare a conseguenze imprevedibili. La sua visione non è catastrofica, ma invita alla riflessione. “Non bisogna applicare la tecnologia su larga scala fino a quando non si è sicuri di essere in controllo”, ha dichiarato in un recente incontro con la commissione Nobel.
L’assegnazione del Nobel a Geoffrey Hinton e John Hopfield è pertanto un riconoscimento non solo del loro genio scientifico, ma anche della capacità di immaginare un futuro in cui l’intelligenza artificiale e le reti neurali possano contribuire a migliorare la vita umana. Ma, come ci ricorda lo stesso Hinton, un grande potere implica una grande responsabilità. Il suo lavoro ci insegna che il progresso tecnologico deve essere accompagnato da una riflessione etica e politica, e che il futuro delle macchine pensanti dipende, in ultima analisi, dalla nostra capacità di gestirlo con saggezza ed equilibrio.
Sebastiano Catte, com.unica 9 ottobre 2024