L’ex campione del mondo di scacchi interviene sul futuro della democrazia americana e sul pericolo rappresentato da una presidenza Trump

Garry Kasparov, uno dei più grandi campione di scacchi della storia e attivista politico dissidente e esiliato dalla Russia, guarda agli Stati Uniti, dove risiede dal 2013, con una preoccupazione insolita, ma necessaria. Il paese che egli ha sempre visto come un “faro di speranza” rischia, secondo lui, di imboccare un cammino oscuro, non diverso da quello che ha visto la Russia cadere nelle mani di Vladimir Putin. Con parole cariche di urgenza, in un articolo pubblicato su “The Dispatch“, Kasparov scrive: “Non avrei mai pensato di dover avvertire gli americani dei pericoli della dittatura”.

L’ex campione del mondo di scacchi parla con una franchezza che deriva da una vita di battaglie contro l’autoritarismo. La sua esperienza maturata nell’Unione Sovietica gli ha insegnato che la libertà è sempre “a una generazione dall’estinzione”, per usare le parole di Ronald Reagan. Per lui, gli Stati Uniti rappresentano pur sempre una potenziale speranza, ma una speranza fragile, alla mercé di forze che potrebbero riscriverne il destino. “Il sistema politico che amiamo è profondamente fragile e dipende dal nostro costante impegno per mantenerlo,” scrive Kasparov. Il nemico di questo impegno, per lui, non è altro che l’ex presidente Donald Trump.

La figura di Trump emerge nel discorso di Kasparov come quella di un candidato che ha promesso il caos e la disgregazione delle istituzioni democratiche, atteggiamenti che ricordano a Kasparov i leader autoritari sotto i quali è cresciuto. “Donald Trump sta smantellando le barriere della democrazia americana da quasi un decennio”, afferma. La sua pericolosità sta nel fatto che molte delle istituzioni democratiche americane si fondano su consuetudini e tradizioni, più che su leggi scritte, una vulnerabilità di cui Trump si è servito abilmente, sfidando apertamente norme consolidate. In un tale contesto, Kasparov avverte che le forze dell’autoritarismo potrebbero insinuarsi nella democrazia americana.

Ma la posta in gioco in queste elezioni, per Kasparov, non è solo la difesa delle istituzioni: si tratta di scegliere una figura che possa preservare l’integrità del paese di fronte a un panorama internazionale pericoloso. Mentre critica aspramente le politiche estere di amministrazioni precedenti, Kasparov vede nella vicepresidente Kamala Harris una figura capace di portare una ventata di cambiamento. La sua inesperienza rispetto alla Guerra Fredda è, paradossalmente, un punto di forza. È convinto che una presidenza Harris si allineerebbe maggiormente all’opinione pubblica, rimanendo salda contro le pressioni dei dittatori, e in particolare di Putin, con il quale Trump e alcuni dei suoi sostenitori hanno mostrato un’allarmante simpatia.

Kasparov chiarisce che non è certo un fervente sostenitore della Harris, e anzi la critica su molti fronti, dalla politica fiscale a quella sociale. Tuttavia, di fronte a Trump, egli vede questa elezione come una scelta morale, una scelta in cui è in gioco il futuro della democrazia americana. Kasparov argomenta che, sebbene le divergenze con Harris siano significative, queste possono essere affrontate solo dopo le elezioni, in un contesto di confronto democratico. “Questa elezione ha un significato di grande importanza”, afferma, e il fatto che figure di spicco del Partito Repubblicano, tra cui l’ex vicepresidente Dick Cheney e l’ex governatore della California Arnold Schwarzenegger, si siano dichiarati a favore della Harris, conferma questa visione.

Kasparov conclude con una riflessione profonda sulla libertà e sul significato della democrazia. Il suo appello agli americani è quello di non cadere nell’indifferenza, di non dare per scontata la stabilità delle istituzioni. La sua esperienza personale è, in un certo senso, una testimonianza e un avvertimento. “Chiunque abbia vissuto nell’Unione Sovietica o nella Russia di Putin vi dirà cosa significa temere di condannare pubblicamente il governo”, scrive, descrivendo una realtà che appare quasi distopica agli occhi di un cittadino libero, ma che è purtroppo fin troppo reale per chi, come lui, ha visto la libertà svanire gradualmente.

Kasparov non descrive Harris come la leader ideale, ma, per lui, la sua elezione rappresenta l’unica speranza per un futuro democratico negli Stati Uniti. In un’epoca di crescente polarizzazione e sfiducia nelle istituzioni, il messaggio di Kasparov è quello di un invito alla vigilanza e alla partecipazione attiva, un richiamo a non considerare mai il valore della democrazia come scontato. Il 5 novembre, afferma, “lei è l’unica scelta possibile”.

com.unica, 4 novembre 2024

Fonte “The Dispatch

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