In un’intervista rilasciata a Kyiv Independent l’ex campione del mondo di scacchi spiega perché non si può negoziare con il male: Putin sta combattendo per distruggere lo stato ucraino

Non è solo l’ex campione del mondo di scacchi che il mondo conosce, un genio delle 64 caselle, ma un pensatore acuto, un critico implacabile di tutti gli autoritarismi e, soprattutto, un uomo in lotta contro il tempo. Oggi Garry Kasparov presiede l’Human Rights Foundation, un’associazione che promuove la libertà individuale in tutto il mondo con sede a New York, città dove risiede dal 2013 quando si trasferì per sfuggire all’arresto imminente durante le politiche di repressione di Putin. 

“La Russia deve essere sconfitta,” afferma, con quella chiarezza che solo un maestro di strategie può avere. Già nel 2015, nel suo saggio Winter Is Coming (In italiano L’inverno sta arrivando, perché Putin e i nemici del mondo libero devono essere fermati), Garry Kasparov aveva già delineato il disegno imperialista di Vladimir Putin. Allora, pochi vollero ascoltarlo: il crollo del comunismo del 1991 era stato salutato come l’inizio di una nuova era, e l’Occidente era accecato dalla speranza. Ma per Kasparov, il comunismo non era altro che una facciata per l’imperialismo russo, una forza oscura pronta a riemergere con un nuovo volto. “Che si tratti degli zar, dei bolscevichi o di Putin, l’imperialismo trova sempre il modo di riaffiorare,” avverte Kasparov, il cui tono tradisce l’urgenza della sua visione. La guerra in Ucraina è per lui la manifestazione più chiara di questa matrice imperiale. Non si tratta solo di territori; si tratta di una visione del mondo dove la forza prevale sul diritto, una visione che, se non fermata, minaccia l’ordine globale.

La bandiera ucraina deve sventolare sopra Sebastopoli,” afferma Kasparov con convinzione. Per molti, questa frase potrebbe sembrare un’iperbole o un simbolo. Ma per lui è una strategia: la riconquista visiva e reale di un territorio occupato rappresenta l’unico modo per frantumare il mito della missione messianica russa. “Finché l’idea della missione imperiale persiste, nulla cambierà.” Kasparov è inflessibile: la Russia non cambierà senza una sconfitta totale. Solo allora, forse, potrà riformarsi in uno stato-nazione normale, libero dall’ombra lunga del suo passato imperialista. Ma questa è una posizione che lo pone in netto contrasto con molti esponenti dell’opposizione russa attuale, che preferiscono parlare di compromessi o di un “zar buono” che sostituisca Putin. Al contrario, Kasparov non si nasconde dietro formule ambigue. “Non sentirai mai l’opposizione russa dire realmente che l’Ucraina deve vincere,” sottolinea, con una critica pungente verso chi evita di affrontare il cuore del problema. Per lui, ridurre tutto a “la guerra di Putin” è un errore grave. “Non è solo Putin; è la guerra della Russia.” Le sue parole evocano immagini di un sistema che va oltre un solo uomo. “È un’intera mentalità, un sistema che esegue ordini con crudeltà. E ignorarlo significa distorcere la verità.” Non è solo una questione di politica, ma di morale. Kasparov non lascia spazio a dubbi: “Supportare militarmente l’Ucraina è un imperativo morale.”

Nella sua analisi, Kasparov punta il dito anche contro l’Occidente che cerca continuamente compromessi. Ricorda con amarezza il discorso di Putin del 2005, quando definì il crollo dell’Unione Sovietica “la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo”. Era una dichiarazione d’intenti, un avvertimento chiaro che molti hanno ignorato. “Non puoi negoziare con il male,” insiste Kasparov, “perché Putin non sta combattendo per il territorio. Sta combattendo per distruggere lo stato ucraino.” Ogni concessione territoriale sarebbe un incentivo per ulteriori aggressioni. E qui Kasparov si sofferma su un punto cruciale: l’Occidente, con tutte le sue armi e risorse, ha esitato troppo a lungo. “Tutte quelle armi, create per fermare la Russia, sono ancora in deposito mentre l’Ucraina combatte per la missione originaria della NATO.”

Nonostante tutto, Kasparov intravede una via d’uscita, seppur stretta. Parla della necessità di sostenere non solo l’Ucraina, ma anche i russi che vogliono un futuro diverso. Il suo piano è chiaro: “Offrire a ogni russo che si oppone alla guerra la possibilità di lasciare il Paese.” Un test semplice, ma decisivo: riconoscere la criminalità della guerra, l’illegittimità del regime e l’ucrainità della Crimea. “Senza una sconfitta militare, non ci sarà alcun cambiamento sostanziale in Russia,” conclude Kasparov. Ma il suo sguardo, pur severo, non è privo di speranza. Crede in un futuro in cui la Russia possa rinascere, liberata dalla sua eredità imperiale, e in cui l’Ucraina possa sventolare la sua bandiera su tutto il suo territorio liberato.

com.unica, 10 gennaio 2025 (a cura di Sebastiano Catte)

*Fonte Kyiv Independent

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