Ad Auschwitz si moriva ogni giorno. Riflessioni sul Giorno della Memoria
Oggi l’antisemitismo è in crescita esponenziale e la memoria è mutata da quando è stata calpestata il 7 ottobre 2023
Il Giorno della Memoria non è una festa, sebbene la data rappresenti la liberazione di Auschwitz 80 anni or sono, da parte dell’esercito sovietico. Il 27 gennaio è diventata una ricorrenza dal 2000 in Italia – 2005 a livello mondiale -, grazie all’impegno di persone come Furio Colombo, venuto a mancare pochi giorni fa. Sono convinto che assieme alla sua dipartita, perderanno probabilmente il loro valore, anche questi giorni dedicati alla Shoah.
Da qualche anno si parla di una celebrazione della durata di almeno una settimana, nella quale tutte le fonti di informazione fanno a gara a trasmettere interviste a tre generazioni, film, documentari.
Dopo 25 anni, i Giorni della Memoria passati nelle scuole di ogni ordine e grado, oppure intervenendo presso i media non solo Italiani, o ancora l’aver portato le opere pittoriche di mia madre nei principali musei del mondo fra i quali lo Yad Vashem di Gerusalemme e soprattutto dopo la gigantesca esperienza di vicecoordinatore nazionale della Survivors of the Shoah Foundation – la fondazione ideata e sovvenzionata da Steven Spielberg, che in poco tempo ha intervistato in tutto il mondo gli scampati alla Shoah, ma anche i salvatori di molti -, dopo tutto questo non me la sento più di far parte dei “testimoni per una settimana”.
Ritengo che si abbia bisogno di parlarne nei 365 giorni dell’anno, mischiando i ricordi di questa abominevole esperienza a tutto quello che è il mondo ebraico. Questo perché spesso mi sono sentito dire “voi ebrei parlate solo della Shoah”, ma in realtà sono il mondo circostante e questa società malata e spesso ignorante, a interpellare il popolo ebraico quasi esclusivamente per questa data. L’ebraismo è tanto altro, senza nulla togliere al valore della Storia, proprio perché i Fratelli Maggiori – come venimmo chiamati da Giovanni Paolo II nella sua celebre visita al Tempio Maggiore di Roma – di storia e cultura ne hanno tantissima.
Non sono bastati gli anni dalla Notte dei Cristalli alla liberazione di Auschwitz, non è bastato l’impegno di Giovanni XXIII, per sconfiggere l’antico – e non arcaico – antisemitismo. Perfino la rinascita dello Stato di Israele non è stata sufficiente, ma ne ha anzi creato due nuove interpretazioni: l’antiisraeliansimo e l’antisionismo. Entrambe, come sottolinea la dichiarazione dell’IHRA – International Holocaust Remembrance Alliance, sono parte integrante dell’antisemitismo. Non dimentichiamo l’atavico antisemitismo di gran parte del mondo islamico (in questo caso si può aggiungere “prima gli ebrei poi gli altri non musulmani”) e ricordo come spesso faccio, l’ufficio che il Gran Mufti di Gerusalemme aveva a Berlino, ospitato dall’amico Adolf. Non è svanito l’antisemitismo cristiano, cattolico o russo ortodosso.
Oggi, grazie all’ignoranza portata al potere da molti presunti politici, tanto da essere definita “cultura dello Stato”, si è sviluppato – storicamente potremmo dire “nipote” della svolta politica della storica Sinistra a seguito della Guerra dei 6 giorni del 1967 – il nazicomunismo, ossia la prerogativa che se si vuole essere “di sinistra”, ma in gran parte anche di centrosinistra, bisogna non solo essere propal, ma anche parteggiare per chi vuole la distruzione dello stato democratico di Israele, “dal Giordano al Mare”. Ovviamente nessuno di codesti finti acculturati, conosce la storia del moderno stato di Israele, delle motivazioni arabe che non hanno permesso la costituzione di uno stato arabo nel protettorato palestinese, al significato del cittadino “palestinese” come erano i membri della Brigata che liberò gran parte del nostro paese assieme all’esercito inglese, o i musicisti della filarmonica palestinese creata da Toscanini. La Brigata viene contestata da bandiere antistoriche e slogan ogni 25 aprile: alla faccia della Memoria.
Cosa farà quella ragazza che dopo l’8 ottobre, ossia dal Day After, nel quale Israele decise di reagire con una grande azione di polizia alla caccia dei moderni nazipalestinesi, ogni venerdì si presentava con un branco di ragazzi adolescenti davanti al Ministero dell’Istruzione, urlando “uno stupro non può coprire un’invasione”? Cosa farà per il Giorno della Memoria? Dirà che il lavoro era stato lasciato a metà dai tedeschi e dai loro alleati? Viste le bandiere che sventolavano questi scalmanati del venerdì, sono pronto a credere che vorrebbero inventarsi un nuovo ceppo etnico vittima della Shoah, ma non potendo farlo, sebbene siano bravissimi a cambiare la storia assieme al Ministero della Salute di Hamas, dovranno parlare degli italiani (di religione ebraica), vittime del nazifascismo. Troveranno degli alleati in alcuni – per ora pochi per fortuna – ebrei antisionisti, pronti a vendere per una poltrona “politica”, perfino la loro Yiddish Momme.
Nonostante i miei tanti parenti deportati da mezza Europa, non voglio più far parte delle persone da ossequiare solo nei giorni attorno al 27 gennaio, da questa ragazza e dei suoi compagnati (compagni e camerati del nazicomunismo). La sua storia si è distaccata dalla Storia dello stato Europeo per abbracciare quella araba e sicuramente senza che lei lo sappia, ma solo perché “consigliato” dai capi “politici”. L’essere l’ebreo che fa piangere per il racconto delle vicissitudini della sua famiglia durante il ventennio e negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, non riesce più a trasmettere quelle emozioni che fanno ricordare per sempre che la Shoah è esistita e che l’antisemitismo è in crescita esponenziale: la memoria è mutata da quando è stata calpestato il 7 ottobre 2023. Oggi l’Ebreo viene visto come un nemico, esattamente come veniva definito e caricaturato dalla stampa dei regimi nazifascisti ed in seguito da quelli comunisti sovietici.
Non posso passare una settimana a raccontare, mentre nel resto dell’anno ho un naso adunco, sono basso e gobbo, ho chissà quante banche, società editoriali e chissà cosa altro: sono nato ebreo e lo sono 12 mesi l’anno, con i miei pregi ed i miei tanti difetti. Alla Woody Allen potrei dire che non è colpa mia se sono bellissimo, intelligentissimo e simpatico, ma non credo che questo dipenda dall’essere ebreo: forse perché tifo Roma (la Maggica), ma vorrei esserlo perché ho voglia di imparare da chi è diverso da me, sempre rispettando tutti, tranne gli antisemiti ed i razzisti in genere. Per questo detesto la finta politica che va di moda oggi e che non avendo più alcuna base scientifica né culturale, trova nell’essere propal e parteggiando per i distruttori di uno stato democratico, l’unico scopo della propria esistenza. Altri presunti suoi spunti sono il porsi automaticamente contro quel che fanno chi la pensa in modo diverso dal loro: se questa è democrazia.
Soprattutto mi voglio ed ho imparato a difendermi. Poveri i padri della Storia, quelli della politica, della geografia. Vorrei ripercorrere il tempo per ricordar loro che l’amore è rimanere e non sparire per vedere se poi uno ci tiene.
Alan Davìd Baumann, com.unica 23 gennaio 2025
*In allegato l’olio su tela di Eva Fischer “Ombre in Paradiso” del 1947 – cm. 70×100