Rapporto sul Futuro della Competitività Europea, il discorso di Draghi in Parlamento

“La difesa comune europea un passaggio obbligato”. L’audizione presso le Commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato
L’Europa non è un continente stanco, ma un continente che rischia di diventarlo. Questo il messaggio di Mario Draghi nel suo intervento nella Sala Koch di Palazzo Madama davanti alle Commissioni parlamentari di Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue, in cui ha illustrato i contenuti del “Rapporto sul Futuro della Competitività Europea”. Al centro del disorso dell’ex Presidente del Consiglio le tre principali sfide che attendono l’Unione: difesa, innovazione e energia.
Sul primo tema inevitabile il riferimento al piano “ReArm Europe” presentato nei giorni scorsi al Parlamento europeo dalla Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Perché oggi l’Europa deve capire se vuole continuare a essere una potenza economica che finge di non avere nemici, o se vuole prendere atto della realtà. “L’Europa è oggi più sola nei fori internazionali e si chiede chi difenderà i suoi confini in caso di aggressione esterna – e con quali mezzi.” Le parole di Draghi non sono un’allerta vaga: sono un verdetto. L’Europa è vulnerabile e il tempo per correre ai ripari si sta riducendo. Il “ReArm Europe” è un progetto che mira a riorganizzare l’industria della difesa europea per renderla competitiva e autonoma rispetto agli Stati Uniti.
Oggi l’Europa spende molto, ma spende male: “Nel 2023 il procurement europeo per la difesa ha raggiunto i 110 miliardi di euro, ma questi fondi sono stati dispersi tra numerose piattaforme nazionali, nessuna delle quali veramente competitiva.” Il risultato? Gli europei continuano ad acquistare tecnologia militare dagli Stati Uniti, che tra il 2020 e il 2024 hanno fornito il 65% delle importazioni di sistemi di difesa dei paesi NATO europei. Questa dipendenza oggi non è più sostenibile. Draghi ha sottolineato che, se l’Europa decidesse di consolidare i propri investimenti su piattaforme comuni, avrebbe un ritorno industriale maggiore e un rapporto più equilibrato con gli Stati Uniti. Ma la questione non è solo economica. È strategica. “La difesa oggi non è più solo armamento ma anche tecnologia digitale.” I droni, l’intelligenza artificiale, la guerra elettronica, i satelliti e la cybersicurezza sono ormai parte integrante della sicurezza globale. L’Europa, per proteggersi, deve diventare un hub di innovazione tecnologica applicata alla difesa.
Ed eccoci al secondo tema chiave: l’innovazione. Il discorso di Draghi è stato impietoso nel descrivere il ritardo europeo. “Otto dei dieci maggiori large language models sono sviluppati negli Stati Uniti, i rimanenti due in Cina.” La leadership tecnologica è lontana, e il divario si sta ampliando. Il problema principale non è tanto la mancanza di talenti o di idee, ma la frammentazione del mercato. “L’innovazione diventa interessante dal punto di vista finanziario quando la sua scala può crescere oltre i confini nazionali.” In Europa, questo è quasi impossibile: ogni Stato ha le proprie regolamentazioni, i propri vincoli burocratici, le proprie resistenze al cambiamento. Non è un caso che le startup europee più promettenti emigrino negli Stati Uniti, dove trovano non solo finanziamenti, ma anche un mercato unico di riferimento.
Per cambiare rotta, l’Europa deve creare un ambiente favorevole all’innovazione, eliminando le barriere interne e incentivando gli investimenti in settori strategici. La Commissione ha annunciato un “28° regime giuridico” per le imprese innovative, che dovrebbe uniformare le regole nei 27 Stati membri. Ma basterà?
Terza sfida: l’energia. Qui Draghi ha messo in fila una serie di dati preoccupanti. Il prezzo del gas naturale in Europa è aumentato del 40% tra settembre e febbraio, con punte del 65%. L’elettricità costa in media il doppio o il triplo rispetto agli Stati Uniti. E l’Italia è uno dei paesi più colpiti: nel 2024 i prezzi dell’elettricità all’ingrosso sono stati superiori dell’87% rispetto alla Francia e del 38% rispetto alla Germania. Questo ha un effetto devastante sulla competitività delle imprese europee, che si trovano in una posizione di svantaggio rispetto ai concorrenti americani e asiatici. Draghi ha sottolineato che l’Europa deve esercitare il suo potere d’acquisto nel mercato del gas e migliorare la trasparenza dei mercati energetici. Ma ha anche riconosciuto che le soluzioni a lungo termine – come l’espansione delle rinnovabili – richiedono tempo, e i cittadini “sono stanchi di aspettare.”
Una delle proposte del Rapporto sulla Competitività Europea è quella di disaccoppiare il prezzo dell’energia rinnovabile da quello delle fonti fossili. In Italia, per il 90% del tempo, il prezzo dell’elettricità è determinato dal gas, nonostante rappresenti solo il 50% del mix energetico. Cambiare questo meccanismo potrebbe ridurre significativamente i costi per imprese e famiglie.
Il discorso di Draghi è stato un’analisi lucida e spietata delle debolezze europee, ma anche un invito all’azione. “Le scelte che ci sono davanti sono di grande importanza come forse non mai dalla fondazione dell’Unione Europea.” La difesa, l’innovazione e l’energia non sono problemi separati, ma facce della stessa crisi: l’Europa ha perso il controllo del proprio destino e deve riprenderlo. L’urgenza è evidente. Il mondo sta cambiando, e non aspetta chi è lento. O l’Europa agirà come un blocco coeso, con una visione strategica e investimenti comuni, o sarà condannata a un declino irreversibile.
Sebastiano Catte, com.unica 18 marzo 2025