Negli scavi archeologici per gustare il cibo degli antichi romani

Se vi siete sempre chiesti com’era il cibo degli antichi romani, e avete sempre avuto la curiosità di assaggiare i piatti narrati da Apicio o il vino decantato da Orazio, ora non solo potrete scoprire com’era mangiare a quell’epoca ma potrete persino assaggiare gli stessi sapori, negli scavi di Pompei. Come?

Grazie all’iniziativa «Eat’Story – Da noi il cibo ha una storia»: Il progetto, nato da un’iniziativa di Coldiretti in collaborazione con il Grande progetto Pompei e la soprintendenza per i Beni archeologici di Pompei. Quest’iniziativa permetterà a tutti coloro che visiteranno il sito archeologico fino alla fine dicembre, di fare un tuffo nella vita quotidiana degli antichi pompeiani, non solo attraverso la conoscenza e la sperimentazione dei piatti tipici dell’antica enogastronomia romana, ma anche avendo la possibilità di apprendere i metodi produttivi, le tecniche di lavorazione e i metodi di conservazione di quei prodotti agroalimentari, che imbandivano le tavole dei nostri antenati e che gli agricoltori locali ancora coltivano nelle terre alle pendici del Vesuvio.

Come spiega Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti: “Si tratta di specialità che sono state trasmesse praticamente inalterate nel corso dei secoli grazie all’impegno di generazioni di agricoltori che ne hanno custodito gelosamente tecniche e segreti. La mela annurca ad esempio è senza dubbio il frutto maggiormente caratterizzante la ‘Campania Felix’, come dimostrano i dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano, città romana sommersa insieme a Pompei dalla distruttiva eruzione del Vesuvio del 79 d.C”.

Ogni martedì e sabato per due mesi, nella Casina dell’Aquila presso gli scavi di Pompei, gli agricoltori di Campagna amica metteranno in mostra i loro prodotti ed inoltre proporranno in degustazione ai visitatori un menù che riporta in tavola dopo secoli i sapori e gli stessi frutti della terra cari ai pompeiani. I piatti saranno preparati seguendo scrupolosamente le stesse ricette e preparazioni che gli antichi abitanti di Pompei, noti per essere dei grandi cultori del buon cibo, amavano gustare nei loro banchetti.

Ma quali pietanze pompeiane delizieranno il palato dei visitatori degli scavi in questi 2 mesi? Il pasto sarà articolato in tre momenti come ai tempi dei romani: si apriranno le danze col gustum, che corrisponde al nostro antipasto, nel corso del quale verrà servita la brassica pompeiana, il cavolo cappuccio insaporito dalla salsa di gàrum, una salsa importantissima per la cucina pompeiana, che veniva ottenuta dalle interiora delle sardine lasciate fermentare al sole e conservate sotto sale, utilizzata poi per condire un’infinità di vivande e che oggi potrebbe essere assimilabile ad una colatura di alici. Accanto alla brassica verranno serviti come antipasti la cucurbitas frictas ovvero la zucca fritta e due tipi di formaggio (caseus) tipici dell’epoca, la ricotta ed il caseus caprinus, il formaggio caprino. Il tutto accompagnato da la celebre scriblita, una focaccia speziata servita a tavola insieme al Panis Pompeii, il pane che sulle tavole povere dei plebei era la portata principale, assieme al formaggio.

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Seguirà il piatto forte, ovvero la mensae primae, che avrà come protagonista il re delle tavole patrizie, il porcellum assus, il maialino arrosto, che costituiva una specie di status symbol, poiché considerata la preziosità della carne, era una portata tipica dei banchetti dei ceti più alti; seguiranno poi delle polpettine di carne avvolte nella rete di maiale, dette esicia omentata, la cui ricetta ci è stata tramandata da Apicio che spiega: “Prendi carne tritata con mollica di pane bianco tenuta a bagno nel vino. Pesta assieme pepe, liquamen (un tipo di gàrum) e, se lo vuoi, bacche di mirto a cui avrai tolto il nocciolo. Forma delle polpettine nelle quali metterai grani di pepe e pinoli. Avvolgile nella rete (omenta) e falle rosolare con caroenum (mosto cotto).” Infine i visitatori assaggeranno una saporita patina de apua fricta, la torta di acciughe fritte. I romani che ancora non conoscevano lo zucchero ma amavano il miele e la frutta, perciò concludevano il pasto con la mensa secondae, l’ultima portata costituita da frutta e dolce. Alla fine del pasto i visitatori dunque gusteranno mala granata ovvero i melograni, pira cioè le nostre pere, mala o mele annurche la varietà più diffusa ai tempi dei romani, uvae cioè l’immancabile uva, e gli amatissimi fichi secchi del Cilento o caricae, ed infine verranno serviti i basynias, gli antenati degli odierni struffoli, il dolce a base di miele tipico campano, ancora tanto apprezzato. Il tutto sarà innaffiato con vinumfalernum rubrum, il prezioso vino Falerno del massico rosso e con vinum passim un vino passito molto in voga.

Poi per coloro che volessero portarsi a casa un po’ dei questi sapori cari ai pompeiani antichi, sarà possibile acquistare frutta, verdura fresche nelle varietà che erano presenti già nei tempi dell’antica Pompei, e preparazioni identiche a quelle rinvenute dagli archeologi negli scavi: ovvero mandorle nel miele, olive, formaggi, e il celebre panis Pompeii o la focaccia scriblita.

Il pane (fonte British Museum)

Il pane (fonte British Museum)

Ma non finisce qui e l’itinerario archeo-gastronomico prevede che, oltre che mangiare ovviamente, il visitatore possa ammirare le lussuose Domus pompeiane, e passeggiare nelle loro antiche cucine, arredate con suppellettili rinvenute dagli scavi archeologici per vedere in mostra per esempio, pane e semi carbonizzati, ovvero interessanti testimonianze del cibo dei pompeiani. Grazie poi ad una ricostruzione minuziosa dello stato dei luoghi prima dell’eruzione del 79 d.C., il pubblico potrà anche ammirare le antiche coltivazioni di viti e di frutteti che impreziosivano queste antiche dimore all’ epoca e che ora sono tornate a rifiorire dopo essere state reimpiantate.

Cultura e cibo sono le principali leve di attrazione turistica per il nostro Paese, strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione, nel Mezzogiorno ed in tutta Italia. Il senso profondo di questa operazione quindi è coniugare il turismo culturale con la valorizzazione delle specificità agroalimentari del territorio, diffondendo la conoscenza della storia e l’evoluzione nel tempo di questi prodotti fino a giungere alle eccellenze dei nostri giorni.

E se questa manifestazione e il grande piano di rilancio di Pompei annunciato dal Ministro dei Beni culturali, Franceschini, avrà il successo che ci si aspetta, nei prossimi mesi giungeranno nella cittadina campana, oltre 3 milioni di visitatori per vedere gli scavi archeologici. Pertanto c’è la volontà delle istituzioni, in caso l’iniziativa incontri il favore del pubblico, di estendere il prossimo anno ”Eat’Story- Da noi il cibo ha una storia” anche agli altri siti archeologici Unesco della zona, come ha spiegato anche Luigi Curatoli, Direttore Generale Grande progetto Pompei, il quale come anche Coldiretti, individua in questo tipo di azioni la via per favorire lo sviluppo socio economico della zona attraverso il rilancio delle imprenditorialità locali anche agricole.

Aldilà di tutto per il pubblico si tratta di un’occasione irripetibile per fare un viaggio nel tempo e vivere un’esperienza unica, a stretto contatto con la grande storia, immergendosi nella cultura, i sapori, le bellezze e la vita quotidiana degli antichi romani a Pompei.

(Valentina Franci/com.unica 12 novembre 2016)

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